Patron della società leader nella costruzione di motoscafi di lusso che dalla famiglia Riva prende il nome, “l’ingegner Carlo”, “il genio della nautica mondiale”, in pieno boom economico, è riuscito con la sua determinazione e lo spirito battagliero a raggiungere per primo un obiettivo assai ambizioso.
“Se una cosa deve essere fatta, va fatta ora”.
“L’uomo dell’impossibile”, come molti lo chiamavano, aveva le idee molto chiare ed era deciso a mettere insieme tre cose che fino ad allora non era stato possibile combinare. L’idea era quella di costruire barche da divertimento perfettamente in grado di navigare in mare, fatte a mano, artigianali, ma costruite in serie, come nelle più moderne industrie. In più, le sue creazioni dovevano essere bellissime, perché il Dopoguerra aveva fame, anche, di bellezza.
Mogano intagliato a mano, design raffinato, tappezzerie di pregio, biancheria monogrammata, stoviglie di cristallo, motori potenti e capaci di grandi prestazioni: le barche Riva hanno un marchio di fabbrica e uno stile unici, inconfondibili, rigorosamente made in Italy.
Eleganza ed efficienza, combinate in un motoscafo che negli anni ‘50 era l’oggetto del desiderio di famiglie reali, attori, sportivi e uomini d’affari e che, ancora oggi, si conferma una sorta di status symbol molto ambito.
In un periodo in cui era in voga il mito della velocità, i motoscafi da corsa Riva lasciavano il segno con record e vittorie in gare nazionali e mondiali, che contribuivano ad accrescerne il prestigio.
Ad ogni barca un nome: l’Ariston, il Tritone ― il primo bimotore ― il Sebino ― che apre i battenti alla produzione in serie ― e il Florida, che nel nome evoca il modello americano molto seguito ed imitato in quegli anni.
Tuttavia, quello che forse resta il simbolo del marchio Riva è il modello Acquarama, presentato nel 1962 al terzo Salone Internazionale della Nautica di Milano, e collaudato da Gianni Agnelli. Il suo nome richiama i “cinerama”, grandi schermi cinematografici sperimentali americani, e rappresenta il fiore all’occhiello della casa Riva.
Tra gli anni ’70 e gli anni ’90, invece, nascono il Saint-Tropez e il Superamerica, primo importante cabinato rimasto per più di vent’anni sul mercato. Dietro queste creazioni ed il grande successo c’è un uomo estremamente ambizioso, puntiglioso, perfezionista, esigente ma dal gran cuore.
“Distruggeva a martellate un pezzo ‘appena appena imperfetto’, passava notti insonni con i suoi uomini alla vigilia dei saloni navali per curare con estrema precisione le sue creature. Ma è anche colui che ha regalato ai suoi operai un orologio d’oro griffato Riva ed una medaglia prima di abbandonare ‘la barca’”.
I suoi non erano solo motoscafi di lusso e di alta qualità ma erano diventati simbolo della dolce vita, di quelle immagini immortalate dai giornali, dei ricordi di un’epoca spensierata. Ricordi che spaziano dalle follie dell’Avvocato Agnelli al sacco a pelo di Ingrid Bergman, dagli scii d’acqua del Re Hussein fino a Brigitte Bardot e Anita Ekberg, tra le pochissime a ottenere la tappezzeria del motoscafo zebrata.
E non è tutto. Le creazioni Riva hanno addirittura ospitato veri e propri set cinematografici: erano tanti, infatti, gli attori, provenienti da Hollywood come da Cinecittà, che sceglievano le barche Riva per i loro film. Qualche nome? Kirk Douglas, Pierce Brosnan, George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon e Vittorio Gassman.
Non è certo casuale la sfilza di celebrità e personaggi famosi che se la spassano sulle barche più in voga degli anni ’50. L’ingegner Carlo è stato pioniere di strategie di marketing di grande portata: ha colto, infatti, il potenziale e l’influenza sociale di queste celebrities facendone dei testimonial naturali e visibilmente entusiasti delle sue creature.
Riva era considerato a buon grado un brillante capitano d’industria capace di intuizioni progettuali vincenti, di parlare con Onassis come con un suo operaio, ma anche un papà e nonno dolcissimo. Come ricorda sua figlia Lia:
“Quando si andava per mare, tutti insieme, papà ci salutava così: ‘Enjoy happy’”.
La stima e l’affetto per Riva, non imprenditore ma uomo, umano e dai grandi valori, sono stati confermati alla sua morte quando un piccolo corteo di imbarcazioni ha accompagnato il feretro, mentre in città le scuole sono rimaste chiuse come le serrande dei negozi e le bandiere a mezz’asta in segno di rispetto. Alessandro Parisi, progettista Riva per 48 anni:
“Ti vedo in cielo mentre stai insegnando agli apostoli pescatori come si costruisce una barca”.
E ancora, il parroco che ha celebrato la messa del suo funerale ha ricordato la prima frase dell’ingegnere in occasione del loro primo incontro:
“Si ricordi che io e lei davanti a Dio siamo uguali”.