Lo scorso 2 giugno si è conclusa l’edizione 102 del Giro d’Italia, una gara che mi ha sempre affascinato per la folle tenacia e l’incredibile determinazione dei suoi atleti. Leggendo qualche notizia, ho scoperto che proprio 100 anni fa, nel 1919, il primo Campionissimo del ciclismo diventava leggenda. Si tratta di Costante Girardengo, classe 1893, l’atleta che ispirò il cantautore Francesco De Gregori.
«Mi allenavo duramente con un mattone legato alla bici per avere vantaggi in corsa quando il mattone lo lasciavo a casa. Il ciclismo è uno sport che richiede sacrifici, sacrifici, ancora sacrifici. Non si diventa Girardengo per caso».
Lui, ventiseienne di Novi Ligure, detto anche “l’omino di Novi” per il suo fisico smilzo, fu il primo ciclista nella storia del Giro a guidare la classifica generale dal primo all’ultimo giorno. Era la 7° edizione del Giro d’Italia, la prima dopo 5 anni di stop. Una pausa giustificata dall’estenuante guerra mondiale che in quel periodo afflisse l’italia.
Per Costante Girardengo – all’anagrafe Costantino – l’amore per questo sport era tale da portarlo a rischiare un’accusa di diserzione dall’esercito. Per lui il ciclismo rappresentava la possibilità di fuggire dalla miseria. La sua figura ha ispirato molti ciclisti che vennero dopo, primo fra tutti Fausto Coppi, da molti definito come il suo vero “erede”.
Sulle note de “Il bandito e il campione”, brano di De Gregori, Girardengo corre ancora.
«Vai, Girardengo, vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone! Vai Girardengo, non si vede più Sante, è sempre più lontano, è sempre più distante!» Sulle note de “Il bandito e il campione” di De Gregori, Girardengo corre ancora. Il cantautore rimase colpito da una storia curiosa che coinvolse l’atleta: la presunta amicizia con il bandito Sante Pollastri, il quale, secondo alcune voci, sarebbe stato catturato proprio a causa della sua passione per la bicicletta.
Sulla vicenda gli aneddoti si sprecano. Chi sostiene che siano stati amici di infanzia, chi racconta di un presunto incontro a Parigi nel 1932, quando Sante Pollastri in fuga dalle forze dell’ordine venne arrestato, forse a causa di una soffiata dello stesso Girardengo. Poco importa della verità, quando una storia diventa un simbolo, quello della fuga dalla miseria da cui entrambi provenivano.
Quasi 10 anni dopo la canzone, Rai 1 trasmesse la miniserie televisiva “La leggenda del bandito e del campione”. Il film fornisce la versione di una storia della quale la famiglia del campione non sembra gioire, così come del resto non avevano gioito per il testo di De Gregori. I famigliari, infatti, sostengono che Costante non sia stato amico di Pollastri, ma l’avesse incontrato in una sola occasione.
«Non si sa con certezza se siano stati anche amici, certamente si incontrarono più volte, perché legati dalla passione comune per la bicicletta: un mezzo di riscatto per tutti e due. Se infatti Girardengo diventerà il mito del grande ciclismo, Pollastri diventerà il più famoso bandito degli anni venti».
Dicono che nessun campione è tale senza un degno rivale. Ecco allora che spicca il nome dell’idolo francese Henri Pèlissier, “nemesi” sportiva per eccellenza di Girardengo. In realtà le occasioni di scontro furono poche, in quanto l’Omino di Novi partecipò solo in un’occasione al Tour de France, nel 1914 (ritirandosi dopo poche tappe). Ma ciò che Girardengo non può accettare sono gli sberleffi dei francesi, che considerano Pèlissier il vero campionissimo. Allora il fenomeno piemontese decide di lanciare una sfida, sperando così di attirare proprio il rivale d’oltralpe.
«Invito i corridori di tutto il mondo a incontrarsi con me in una cronometro di 300 chilometri, ad esempio sul percorso della Milano-Sanremo; se si considera che le strade mi siano favorevoli, accetto anche un percorso su strade in suolo neutrale, da 300 a 600 chilometri, con salite tipo Galibier e Izoard. Posta per ciascun incontro: 50.000 lire».
Dopo varie peripezie – tra conferme e annullamenti – la sfida venne fissata per il Natale del 1923. La facile vittoria di Girardengo fu contestata dall’avversario transalpino, che è però costretto a gettare la spugna al GP Wolber del 1924. Successo netto del piemontese senza nessun appello.
Due Giri d’Italia (1919 e 1923), sei edizioni della Milano – Sanremo, solo per citare alcuni successi di Girardengo; in ultimo, l’argento ai mondiali di Nürburg, appena prima di ritirarsi nel 1936, all’età di 43 anni.
E una volta appesa la bici al chiodo, il Campionisimo decise di vestire i panni del commissario tecnico, rivestendo un’importanza notevole nel successo di Gino Bartali al Tour de France nel 1938.
Istrionico, vincente, sicuro di sé e un po’ provocatore. Dopo 100 anni, il nome di Costante Girardengo è ancora leggenda. Dopo 100 anni, ancora ne parliamo.