Affari a tavola e risate all’italiana con Elisa Motterle

Author Elisa Motterle contributor
Amount of Images 0 Immagini
Calendar 09/09/2019
Time passed Tempo di lettura 4 min

Maccherone, tu m’hai provocato e io ti distruggo”: la celebre frase di Albertone in Un Americano a Roma è entrata nel mito e ben riflette il rapporto viscerale che c’è tra gli italiani e il cibo.

Tra tanti proverbi che celebrano questo legame, c’è anche un vecchio adagio, che recita “Non conosci davvero qualcuno fino a che non ci hai mangiato assieme”. Sarà forse per questo che pranzi e cene sono diventati una componente essenziale della vita lavorativa, e un passaggio (quasi) obbligato quando si tratta di concludere affari.

Così, è proprio nella “migliore mangiatoia di tutto lo stato” che Bud Spencer e Terence Hill, tutti in ghingheri, rivelano molto di loro stessi – eccome se lo fanno.

E come loro, è attraverso la scelta di abiti ed accessori che comunichiamo chi vorremmo essere: ma con la gestualità, il tono di voce e la conversazione sveliamo chi siamo per davvero, consapevoli o no. La convivialità ci fa vedere partner, clienti e colleghi sotto una luce diversa. In un ambiente più rilassato, lontano da computer e scrivanie, diventa più facile approfondire la conoscenza, gettare le basi di future collaborazioni e consolidare i rapporti esistenti.

A patto, però, di non commettere passi falsi.

«Lei conosce le regole Fantozzi? Quello che deve fare, quello che non deve fare, vero? Vedremo, vedremo»

Perché se è vero che la tavola è un piacere, guai a dimenticare che si tratta pur sempre di lavoro. E dunque, val la pena di tenere a mente alcuni aspetti, che trascurati potrebbero avere risvolti spiacevoli – se non addirittura catastrofici, come c’insegna il mitico ragionier Fantozzi.

In cima alla lista delle cose da non dimenticare in occasione di un pranzo o cena di lavoro ci sono le buone maniere. Sì, proprio quelle che ci insegnava la nonna, e che sono indispensabili in queste occasioni. Sedere in modo composto, e dimostrare familiarità con il bon ton della tavola non potrà che farci guadagnare punti agli occhi dei nostri interlocutori.

Quindi, attenzione: niente gomiti sul tavolo, masticare a bocca chiusa, usare il tovagliolo prima e dopo aver bevuto, posizionare correttamente le posate nel piatto una volta terminato il pasto sono tutti accorgimenti evergreen, ma da tenere ancora più presenti quando ci si siede a tavola per lavoro.

«Pronto? No no non mi disturba affatto, mi dica.»

I cellulari, ovviamente, vanno tenuti in tasca e in modalità silenziosa. “Pronto? No no non mi disturba affatto, mi dica”. E così frasi come quelle del medico più celebre di Viaggi di Nozze, interpretato dal grande Verdone, sono proprio da evitare! Diamo importanza al nostro incontro.

Ad un pranzo d’affari si dovrebbe scegliere velocemente dal menu, senza accampare richieste particolari (cosa che potrebbe farci passare per persone “difficili”). E poi è opportuno scegliere cibi semplici da mangiare, non troppo sporchevoli e che non abbiano la tendenza a rimanere incastrati tra i denti… Quindi gli spaghetti al pomodoro, il pollo arrosto, i crostacei e gli spinaci bolliti sarebbe meglio gustarli in altre occasioni. Vietati, per ovvi motivi, i piatti a base di aglio e/o cipolla.

Arrivare a tavola eccessivamente affamati non è una buona idea: primo perché potremmo apparire ingordi come Totò in Miseria e Nobiltà, e secondo perché i morsi della fame potrebbero distrarci dal tema centrale dell’incontro. Nel dubbio, quindi, meglio fare un piccolo spuntino un’oretta prima.

Una menzione la merita anche l’alcool, grande responsabile delle gaffe peggiori. In genere, è chi ospita a decidere se servire bevande alcoliche oppure no. E nel caso il vino non venga ordinato è sconsigliato, per ragioni di delicatezza, ordinarne un bicchiere al calice. Se l’alcool invece è presente, la parola chiave dev’essere moderazione. Un bicchiere, al massimo due se la cena si prolunga, sono la soglia di sicurezza per rimanere nel pieno possesso delle proprie facoltà, ed evitare di mettersi in imbarazzo.

«Ma che te vergogni de me?»

I veri gentleman si riconoscono da come trattano il personale di servizio: usate quindi sempre la massima cortesia quando interagite con lo staff. Per chiamare il cameriere, non si fa tintinnare il coltello sul bicchiere e non si schioccano le dita; è sufficiente un cenno discreto. Non arrivate al punto di chiedere al vostro commensale “ma che te vergogni de me?” come un più giovane De Sica in Ricky & Barabba.

Chi regola il conto (il compito solitamente spetta a chi ha organizzato l’incontro, oppure al “venditore” tra le parti) lo farà con discrezione. Se si è deciso in – come succede spesso nelle situazioni informali- di fare “alla romana”, il conto sarà diviso in quote uguali, evitando discussioni su chi-ha-ordinato-cosa.

Un’attenzione particolare merita infine la conversazione. Anche a un pranzo d’affari, l’ospite più gradito è quello che sa intrattenere con leggerezza. Quindi: no ai toni saccenti (capito, Nanni Moretti?), no all’affettazione, sì invece all’empatia e a un pizzico di pazienza. Per non farsi trovare a corto di argomenti, è un’ottima idea dare uno sguardo ai giornali, a caccia di notizie curiose e adatte ad essere condivise con i commensali.

Tutto chiaro, no? Vedrai, saranno 92 minuti di applausi.

Foto d’apertura di Camera Press/Gino Begotti/cont​rasto
redits

Uno di famiglia Uno di famiglia Uno di famiglia

Uno di famiglia

Non perderti nemmeno una storia, come fossi sempre qui.

Ben fatto!


Ci vediamo nella tua inbox, con qualche storia italiana da scoprire.
A piccoli passi.

Already signed!


This email address is already added to subscription.

Cliccando accetti l'informativa sulla privacy per il trattamento dei dati. Promettiamo: questa è la cosa più noiosa che ti faremo leggere.