Artemide: la visione antropologica della luce

Author Giada Elleri author
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Calendar 17/12/2019
Time passed Tempo di lettura 5 min

«Le lampade sono paradossalmente l’oggetto di design che più testimonia il cambiamento degli stili di vita»
Michele De Lucchi

Da sessanta anni è sinonimo di design e tecnologia all’avanguardia, oltre a far parte delle collezioni permanenti dei musei più importanti al mondo: il MOMA e il Metropolitan Museum of Art di New York, il Centre Pompidou a Parigi e la Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma, per citarne solo alcuni.

Stiamo parlando di Artemide, marchio di fama internazionale tutto italiano, fondato a Milano nel 1959 dalla visione dell’ingegnere aerospaziale Ernesto Gismondi e dell’architetto Sergio Mazza. “The human light” era il suo manifesto nel 1996, ma tuttora identifica la visione antropologica di Artemide: la luce al servizio dell’uomo e delle sue esigenze.

«Mentre studiavo a Roma mi è venuta voglia di fare qualcosa in proprio. Ho pensato subito ai pezzi di un missile, perché un missile intero costava troppo. Invece ho incontrato Sergio Mazza, architetto. E abbiamo deciso di fare lampade.»
Ernesto Gismondi

Artemide. La mitologia greca la descrive come la Dea lunare della caccia, un’anima femminile guerriera e indipendente, dall’eco straordinariamente contemporaneo, in grado di insegnaci valori di forte impatto e antichi saperi. Forse per questo suo essere controcorrente, Ernesto Gismondi la sceglie come simbolo del suo brand.

I rimandi al mito e al mondo aerospaziale, tanto cari al presidente, non si fermano certo qui: le prime lampade che videro la luce – letteralmente – sono Alfa (Sergio Mazza, 1959), Omicron e Lambda (1961), Omega (1962) e Polluce (Enzo Mari e Anna Fasolis, 1965).

Eclisse, la magia di una luce quasi lunare

Nel 1971 Mazza lascia l’azienda, ma non prima di conoscere il successo e l’eco internazionale della lampada da tavolo Eclisse che valse alla giovane Artemide il suo primo Compasso d’oro nel 1967, il più prestigioso premio di design industriale al mondo.

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Disegnata nel 1965 da Vico Magistretti, architetto e designer milanese, è una lampada ancora oggi di un’eleganza suggestiva, capace di concentrare in un semplice artificio tecnologico la magia di una luce quasi lunare, così minimal nel suo design da essere assolutamente moderna.

«Design è anche guardare gli oggetti di tutti i giorni con occhio curioso.»
Vico Magistretti

Da questo momento in poi l’azienda apre le porte ad architetti e designer italiani di fama internazionale, protagonisti della rivoluzione culturale del tempo: Gio Ponti disegna Fato (1969) e dalla collaborazione con Gae Aulenti nasce Patroclo (1975), ancora oggi in produzione e indiscussi successi di design.

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Ma se nel progetto della luce domestica, Artemide trova la sua prima ragion d’essere, è nel campo dell’illuminazione tecnica e per l’ufficio che l’azienda milanese rivela una delle sue massime vocazioni. Gli anni Settanta e Ottanta sono all’insegna della ricerca sulle nuove sorgenti luminose e l’obiettivo, grandioso, di illuminare ogni spazio della vita dell’uomo.

Tizio e Tolomeo: tra il materico e l’elegante

In questo clima di fervore futuristico nel mondo illuminotecnico, la collaborazione con due grandi nomi farà nascere lampade e corpi illuminanti di altissimo livello.

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Stiamo parlando di Tizio e Tolomeo, magistralmente disegnate dalle mani di Richard Sapper (1971) e Michele De Lucchi (1987) e tecnologicamente perfezionate dagli ingegneri di Artemide, in queste due lampade da tavolo si concentra il successo della formula del brand: un saper costruire materico ed elegante, in cui la forma è seconda solo alla perfetta riuscita del movimento di una sola mano che basta a dar loro vita.

«Per me la forma è conseguenza di una vita interiore che deve avere l’oggetto»
Richard Sapper

Un concetto semplice ma che funziona: undici Compassi d’oro nella sua carriera che sembrano tutti concentrati nel perfetto bilanciamento magnetico dei bracci della Tizio, in grado di illuminare una grande superficie tramite un appoggio minimo.

Insomma, una rivoluzione.

Nata dal genio sensibile dell’architetto De Lucchi, la Tolomeo reinterpreta la storica lampada da tavolo a braccio in un disegno che nasconde alla vista tutto: i fili che la alimentano, il sistema di molle che la sostengono e tengono in tensione in posizioni quasi impossibili non si vedono, ma ci sono. Ed è senza viti, eccetto una alla base della lampada. Anche in questo caso parliamo di un prodigio dell’illuminotecnica.

Oggi Artemide è ancora design all’avanguardia ma anche scienza e IOT. Insomma, oltre alla luce parliamo di altro: futuro, design consapevole, sostenibilità e ricerca. Questi sono gli obiettivi verso i quali è lanciato da anni questo missile innovativo e affascinante che è da sempre Artemide.

Per le foto un ringraziamento va ad Artemide.
redits

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