Amore incondizionato per la bellezza, passione per la cultura e l’arte in tutte le sue forme e spirito rivoluzionario. Questi indizi che ci portano a un solo nome: Gianni Versace. Stilista e imprenditore italiano che ha avuto la fortuna e il merito di far parte degli anni d’oro della moda, Gianni Versace ha contribuito insieme a designer del calibro di Valentino, Gucci, Moschino e Armani a definire il prêt- a-porter italiano.
Il suo è il classico percorso di chi “si è fatto da solo”: appena venticinquenne decide di trasferirsi dalla Calabria a Milano per portare avanti quella passione condivisa con sua madre, una sarta professionista.
Inizialmente firma le prime collezioni di marchi come Genny, Callaghan e Complice, ma il suo vero trampolino di lancio è stato il Palazzo della Permanente dove il 28 marzo 1978 lo stilista presenta la prima collezione firmata Versace. Sono gli anni della pelle e dei vestiti metallici, che diventeranno pezzi cult del marchio.
A inaugurare l’era Versace, tra gli anni ‘80 e ‘90, è stato un simbolo della filosofia del brand, ovvero Medusa, ripresa dalla mitologia greca molto cara allo stilista ed emblema della femme fatale che ammalia e pietrifica. L’idea del designer, infatti, era quella di pietrificare con lo sguardo e stupire chiunque osservassele sue collezioni.
Commistione e provocazione: queste sembrano essere le parole-chiave che colgono l’essenza del brand e la mentalità del suo creatore. Partiamo dalla prima: commistione di stili, di tessuti, di colori, che vestono le modelle di stravaganza, originalità e pura eccentricità.
Ma a rendere più interessanti e distintive le sue creazioni è stata la grande carica provocatoria. Abiti cortissimi, trasparenze, capi in pelle, una collezione dedicata all’universo del bondage e l’abito nero con le spille da balia che ha reso immortale Liz Hurley in Quattro matrimoni e un funerale.
Tutto questo, e non solo, ha spinto le donne a spogliarsi delle loro maschere, ha ribaltato le regole dello stile e ha superato il senso di pudore per svelare a tutti il fascino erotico, super femminile ed energico nascosto in ogni donna.
“Vesto le mie donne come se fossero sospese tra il cielo e la terra, avvolte in teneri drappeggi ma anche contenute in rigidi bustier”.
Punto di riferimento e fonte di ispirazione, l’arte è stata una vera e propria compagna di vita per Gianni Versace. A partire dall’infanzia, a Reggio Calabria, dove respira l’aria della Magna Grecia, fino alle collaborazioni con artisti contemporanei come Pomodoro, Rotella e Veronesi con cui ha avuto il piacere di lavorare all’allestimento e ai costumi di Josephslegende di Richard Strauss, alla Scala.
Questa intesa creativa che lo anima e che lui stesso ha alimentato nella direzione non solo di una semplice interpretazione ma di una vera e propria “ri-creazione” ha portato lo stilista a disegnare anche abiti teatrali per registi e costumisti come Maurice Béjart, William Forsythe, Bob Wilson e Joseph Russillo.
L’arte e il teatro, quindi, diventano delle fondamentali leve espressive che, insieme alla moda, contribuiscono alla libertà creativa e all’indole sperimentale e rivoluzionaria che hanno definito in modo indelebile lo stile Versace:
“Mentre lavoravo partendo da un’opera d’arte, l’opera stessa era talmente dentro di me che le idee si creavano spontaneamente, in pratica senza che io ci pensassi”.
Entusiasta collezionista e affamato d’arte, nel 1986, a Parigi, Gianni Versace ricevette la medaglia d’oro dal presidente della repubblica francese Chirac, riconoscimento attribuito a pochissime altre personalità straniere della cultura. Questa passione si rifletteva anche nel suo quotidiano:
Si dice che per arredare Casa Casuarino abbia speso oltre trenta miliardi di lire, anche per dei Picasso. Un altro episodio riporta che per ripristinare il tetto in tegole d’argilla rossa della casa di Miami, costruita nel 1930, aveva spedito alcuni suoi fidati uomini in giro per il mondo alla ricerca di tegole che fossero state costruite in quel periodo, in modo da alternarle, sul tetto, con quelle originali. Come ricorda sua sorella Donatella, oggi a capo dell’azienda:
“Si potrebbe dire che l’arte era per mio fratello uno stimolo continuo. E come in tutti gli altri campi di ispirazione, egli non copiava mai: egli rigenerava ogni cosa, e la proiettava nel futuro”.
Alla base di questa continua evoluzione, però, c’è il motore creativo e vitale dello stilista, ovvero l’amore: quello per la bellezza, la moda, l’arte, la cultura, le donna e le modelle. Giornalisti di tutto il mondo lo hanno definito come “lo stilista che inventò le top model” in virtù del suo rapporto di amicizia sincera con le sue modelle, con cui adorava uscire sulla passerella alla fine di ogni sfilata.
“È soprattutto grazie a lui se Naomi Campbell, Linda Evangelista, Claudia Schiffer, Carla Bruni e Cindy Crawford negli anni ’90 sono diventate icone famosissime, portatrici dello stile glamour firmato Versace”.
Dalle personalità rock alle principesse: Gianni Versace con professionalità e grande affetto ha vestito in occasioni speciali, festival e Oscar, attrici, celebrities e cantanti di tutto il mondo dal calibro di Madonna, Prince, Elton John, Sting, Hugh Grant, Liz Hurley, fino a Lady Diana.
Sua l’invenzione della maglia metallica con cui ha creato capolavori di alta sartoria che le più importanti star di Hollywood hanno indossato sui red carpet. Ben pochi possono vantare una così vasta e variegata clientela, nonché giro di amicizie, e se vi state chiedendo quale fosse il suo segreto basti pensare alla sua gioia di vivere, alla sua estrema sincerità e carisma che hanno conquistato le star più capricciose e hanno strappato più di un sorriso anche alla “principessa triste”.
Maschile e femminile, sportivo ed elegante, erotismo e tradizione, eleganza e sex appeal: Gianni Versace viveva di contrasti, li alimentava e li rappresentava attraverso la moda per rivelare la vera essenza della donna.
E sono sempre i contrasti ad aver plasmato la sua polivalente personalità: stilista superstar circondato dalle celebrities che sorride dalle pagine dei giornali, e uomo timido e riservato nella vita privata. Artista espansivo, solare, provocatorio, ma anche sensibile, discreto e dal cuore gentile. Seduttore e guest star nei parties esclusivi, ma anche personaggio letterario e osservatore appassionato nei musei più rinomati al mondo. Chi era davvero Gianni Versace? Con le parole di suo fratello Santo:
“Gianni era un bambino, un rivoluzionario, un poeta, l’allegria, la gioia di vivere, il futuro”.
In questa definizione risiedono gli aspetti salienti della personalità dello stilista: la curiosità, la creatività, la delicatezza del suo animo, il genio, lo spirito rivoluzionario. Audace e provocatore, Gianni Versace viene ricordato come un uomo che ha abbracciato l’arte, la moda e la vita. La stessa che gli è stata strappata a Miami Beach (Florida), il 15 luglio 1997.
Lo stilista stava rientrando nella sua villa stile déco, vista Ocean Drive, dopo aver acquistato i giornali al News Cafè, quando i colpi di pistola sparati dal serial-killer, Andrew Cunanan (suicidatosi una settimana dopo) lo portano via per sempre. Via dall’affetto della sua famiglia, in particolare dal fratello Santo e dalla sorella Donatella, dalle passerelle ma anche dalla strada, e soprattutto dalla gente che tanto lo amava.
Una morte, la sua, che ha avuto un grande impatto in Italia come in America, tanto da diventare protagonista della serie TV American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace di Ryan Murphy. A risentire più di tutti della sua assenza fu, ed è ancora oggi, la sua amica del cuore, nonché sorella, Donatella Versace:
“Tutto quello che ho imparato nella moda lo devo a Gianni. Gianni era un genio molto generoso. Divideva con gli altri il suo sapere e questa è una cosa che non fanno in molti. Ho imparato a provare sempre cose nuove, anche rischiando molto, senza avere mai paura delle critiche”.
Non ci stupisce che una personalità del genere sia riuscito a essere l’amico-stilista apprezzato e amato da tutti. La sua morte ha sicuramente insegnato qualcosa al mondo della moda ma anche semplicemente al mondo, quello popolato da tutti noi. Ha insegnato che si può essere un uomo di grande successo rimanendo se stesso: trasparente, umile, sorridente e gentile, doti che solo i grandi uomini possono vantare.