È il 1968 a Saint-Tropez. Un gruppo di giovani ragazzi italiani fa il suo ingresso al Byblos, il più famoso locale della città francese. Avanzano verso il tavolo a loro riservato con la camicia ben sbottonata a mostrare il pendolo che sbatte sul torso, una tartina di caviale in una mano e un bicchiere di champagne nell’altra. Tra questi, un volto spicca su tutti: quello di Gigi Rizzi.
Attore e imprenditore piacentino, ma soprattutto un grande amante della bella vita e delle donne. Nervi, un quartiere di Genova, fu la sua casa per molti anni ma è stata la Costa Azzurra, in particolare Saint-Tropez, il vero trampolino di lancio.
È qui che lui e i suoi amici si conquistarono l’appellativo di Les Italiens, irraggiungibili in quanto a conquiste femminili e grandi adulatori delle donne che vengono viziate e coccolate con abiti all’ultima moda, feste esclusive e cene in ristoranti di alto livello.
Figlio della dolce vita, fu proprio Gigi Rizzi, in un periodo turbolento dal punto di vista storico, a regalare un po’ di “leggerezza” al Paese con l’apertura della prima discoteca italiana, il Number One. Diventata in pochissimo tempo il gioiellino della movida milanese, tra sfarzi, vizi e danze a piedi nudi sui tavoli, la discoteca più chiacchierata del momento fece il suo debutto anche a Roma, nei pressi di via Veneto.
Ma purtroppo quest’oasi del divertimento ebbe vita breve: dopo soli tre anni scoppiò il cosiddetto “Scandalo Number One” a seguito del ritrovamento di cocaina nei bagni del locale e di lì a poco fu costretto a chiudere i battenti.
“Il ‘Playboy italiano’, così lo chiamavano amici, giornali e forse anche le donne stesse, consapevoli dello charme irresistibile di un ragazzo che era diventato la leggenda del costume e l’emblema della bella vita italiana”.
A rendere la sua figura così interessante fu sicuramente il contrasto tra il contesto storico e sociale del ’68 e il suo essere estraneo alle dinamiche politiche del periodo, a cui preferiva di gran lunga la leggera brezza della vita.
Un ragazzo, uno dei pochi, che nel clima rivoluzionario di quegli anni aveva trovato terreno favorevole per esprimere la sua esuberanza, la sua freschezza, la non-convenzionalità, l’amore incondizionato per il piacere.
Ad accrescere il suo fascino, poi, sono stati quella sua aria spesso inconsapevole, a tratti ingenua, e lo stupore tipico di chi vive senza aspettarsi niente, senza dare per scontato le cose.
Ma se Gigi Rizzi è stato identificato per tutta la vita con il nomignolo di “playboy italiano” ― il playboy italiano per eccellenza ―, lo deve al flirt con un’altra icona di quegli anni, famosa ancora oggi per la sua straordinaria bellezza. Lei è Brigitte Bardot.
Capricciosa, affascinante, sensuale, l’attrice era il sogno erotico di tutti gli uomini e lo è stata per i successivi 20 anni. Nonostante la sua reputazione da femme fatale, pare che fu proprio lei, Brigitte, a fare il primo passo: durante una serata fece recapitare a Gigi Rizzi un bigliettino con cui lo invitava a fare sci d’acqua insieme l’indomani mattina nella sua celebre villa. Perché proprio lui? Forse merito del suo bel viso, del suo spirito affabulatore e divertente o forse della sua vita spericolata.
“Zuppa di pesce e vino, il mio primo appuntamento con Brigitte”.
Leggendo la notizia sulle pagine dei rotocalchi sembrava quasi che l’Italia avesse sferrato un colpo basso ai vicini francesi, conquistandosi la loro “regina”. E questo perché gli italiani, si sa, al gentil sesso ci tengono particolarmente. E la fama di latin lover è pane quotidiano per il loro ego. Ieri, oggi e, si spera, anche domani.
Quello che poteva essere considerato banalmente un flirt fu interpretato come una rivincita nazionale, il sogno realizzato di più generazioni: la sua, in preda ai fermenti sessantottini, e quella di suo padre, costretta dentro costumi e vincoli troppo severi da non potersi permettere la spontaneità e la libertà tipica di Gigi.
E anche se la liaison più famosa del periodo finì quando il capriccio della diva francese fu soddisfatto, ovvero tre mesi dopo, il pensiero di Brigitte, la sua bellezza e i bei momenti passati insieme pare non abbiano mai abbandonato la mente dell’attore piacentino. Tanto che, dopo molti anni, in occasione del settantesimo compleanno della Bardot, le scrisse una lettera pubblicata, poi, sui maggiori quotidiani.
“Cara Brigitte,
ti scrivo da un altro mondo, da un’altra vita, da un’altra città. Cerco un fiore per quegli occhi che una volta facevano ‘frrrr’ e oggi si commuovono per le foche e le balene. Mi volto indietro e rivedo Saint-Tropez, la bolgia infernale dell’Esquinade, le interminabili notti tra l’Escale e il Papagayo, e una sera in cui c’eri tu ad applaudire Les Italiens. Auguri. Conosco il tuo indirizzo per esserci passato in un tempo remoto, quando la gioia di vivere era sulla faccia di ragazzi e ragazze e tutti avevamo un sogno”.
Una lettera bella, profonda, che non parla solo di champagne e caviale ma di vita, di emozioni ― quelle vere ― che non dimentichi neanche dopo quasi quarant’anni. Quelli che vivono nella mente e nei ricordi di un uomo, Luigi, quello vero, che si nutriva di valori, oltre che di piacere, in tutte le sue forme.
Peccato: è una parola ricorrente nel vocabolario di Rizzi, tanto che decise di farne un programma televisivo che creò stupore e scandalo. Nulla di nuovo per l’attore piacentino. Si definiva un vero peccatore tentato continuamente a scoprire la vita fino ai suoi eccessi: la lussuria, i vizi, le droghe, gli sfarzi, e anche gli errori.
“Nel triangolo Milano Portofino Saint-Tropez aveva intrecciato amori, amicizie, feste, ville, danze sui tavoli e il gioco delle carte. Dichiarò di aver vinto 100 mila dollari a Ted Kennedy che, però, non glieli rese mai”.
In termini di stile, oltre alla camicia ben aperta, Gigi Rizzi amava le calze con cuciture in rilievo alla Marlene Dietrich e su una donna lo facevano impazzire le calze a rete, le giarrettiere e gli slip di pizzo. Tutti indumenti ai tempi retrò ma che per lui erano sinonimo di sensualità.
D’altra parte, a dimostrare che l’amore per la vita non si declinava solo tra feste e lusso fu la decisione dell’imprenditore di trasferirsi in Argentina a metà degli anni ‘70 dove acquistò un’azienda agricola.
Ma, dopo anni tra pascoli e bestiame, il richiamo del Bel Paese era diventato forte e, nel 2004, tornato in Italia, decise di condividere la passione, l’affetto e la tenerezza per colei che lo aveva reso davvero famoso, oltre che felice: Brigitte Bardot. Ci pubblicò anche un libro: Io, BB e l’altro ‘68.
Trasparente, spontaneo, amante della buona compagnia, dotato di un gran senso dell’umorismo e di un’energia coinvolgente, Gigi Rizzi sarà per sempre ricordato (e idolatrato) come l’eterno playboy italiano degli anni ’60.