La storia di Jury Chechi è un perfetto esempio di forza, mentale e fisica, di voglia e di tenacia.
È la storia di come il talento possa essere sì sconfinato, ma se non è sostenuto da una tenuta mentale eccezionale e da una totale dedizione alla causa, può non essere sfruttato appieno e può, semplicemente, non bastare. Ma non è questo il caso.
Jury Dimitri Chechi sin dalla più giovane età dimostra una determinazione feroce e un’applicazione quasi maniacale in tutto e per tutto quel che riguarda la ginnastica artistica, spaziando per le svariate discipline e ottenendo in queste ottimi risultati, tra cui spiccano le sei medaglie d’oro ai Giochi del Mediterraneo del 1991, a 22 anni d’età.
Ma il grande amore di Jury Chechi, il grande e unico amore de “Il Signore degli Anelli”, sono stati e sempre saranno, appunto, quegli anelli sospesi sui quali un uomo può, o meglio, deve, saper volare.
La carriera di Jury Chechi si è focalizzata sin da subito su di un unico obiettivo: vincere l’oro olimpico.
Sembrava tutto pronto, sembrava un successo annunciato quello ai Giochi Olimpici di Barcellona 1992; Chechi veniva dai trionfali Giochi del Mediterraneo dell’anno prima, da un terzo posto ai Mondiali e da un titolo europeo. Sembrava che nulla potesse impedire all’allora ventitreenne di Prato di coronare il suo sogno dell’alloro olimpico, il culmine della vita di ogni atleta.
Ma il Fato non la pensava allo stesso modo e, poco prima dell’inizio dei Giochi, Chechi si ruppe il tendine d’Achille in allenamento e dovette rinunciare ai suoi sogni di medaglia, seguendo i Giochi unicamente come commentatore televisivo. Come se gli fosse stato rubato il suo sogno.
Ma, come si diceva, la forza di volontà e la tenacia di Chechi erano, e probabilmente sono tuttora, fuori dal comune. Non si diede per vinto e tornò subito ad allenarsi, come se nulla fosse successo.
Da quel momento dominò la scena degli anelli per un lustro intero ― 5 mondiali dal 1993 al 1997 ― coronando l’obiettivo della sua vita da ginnasta nel 1996, quando ad Atlanta vinse, finalmente, la tanto agognata medaglia d’oro olimpica.
Ma anche se la più grande sfida da atleta era stata vinta, il Destino aveva in serbo ancora altro.
Nel 2000, mentre Chechi si stava allenando in vista dei Giochi Olimpici di Sidney, un altro infortunio, questa volta al tendine brachiale del bicipite sinistro, mise quella che sembrava a tutti la pietra tombale sulla comunque lunga e vincente carriera de Il Signore degli Anelli.
E, infatti, Chechi annunciò in TV il ritiro ― per sua stessa ammissione ― non smise mai di allenarsi, nonostante i pareri medici dicessero che non avrebbe più potuto competere, anche se il suo percorso sembrava portarlo lontano dalle palestre e lontano dai suoi amati anelli. E poi si fece la storia. Durante le seguenti Olimpiadi, Andrea Fusco raccontò:
“Si è posato come una foglia che si arrende sì all’autunno, rivendicando a sé la grazia del volo. È Jury Chechi”.
Perché nel 2003, in seguito ad una promessa fatta al padre gravemente malato, dove Jury gli promise che sarebbe tornato a gareggiare se fosse guarito ― ed incredibilmente e contrariamente a quanto il quadro clinico sembrava indicare, Leo Chechi guarì dal proprio male ― Chechi tornò ad allenarsi intensamente in vista dei Giochi di Atene 2004.
Lo fece per fare la Storia. Ma soprattutto lo fece per vincere, non tanto da atleta ma piuttosto da uomo, quella sfida.
E quel bronzo olimpico, ottenuto a 35 anni, dopo due gravi infortuni, è la vittoria di un Uomo che ha mostrato di avere una forza del tutto fuori dal comune. Di essere Forte. Più forte anche del Fato.