La leggenda di Michele Alboreto

Author Giulio Di Cienzo contributor
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Calendar 20/11/2017
Time passed Tempo di lettura 3 min

Il nome di Michele Alboreto potrebbe non dire molto a chi lo sente pronunciare oggi. Per capire la considerazione di cui godeva questo pilota nei suoi anni migliori ci può venire in aiuto un film del 1983, capostipite di un filone comico di un certo successo. Il film è ‘Vacanze di Natale’, il primo. Guido Nicheli in una scena cult dice a Stefania Sandrelli:

“Ivana, fai ballare l’occhio sul tic… Alboreto is nothing!”

Una battuta iconica che, a suo modo, rende immortale lo stesso Alboreto. Il quale, non andrebbe dimenticato, è stato un grande pilota italiano. Michele Alboreto nasce a Milano, cosa oggi decisamente inusuale per un pilota di qualsiasi mezzo, nel 1956.

Fin da giovanissimo inizia ad appassionarsi al mondo delle corse, e dopo le prime esperienze nel 1976 comincia a fare sul serio, gareggiando nel campionato di Formula Monza con una vettura addirittura costruita da lui con l’aiuto di alcuni amici. Malgrado la povertà di mezzi le sue qualità vengono notate e nel 1979 arriva a gareggiare nel campionato di Formula 3. Sarà il suo trampolino di lancio.

In Formula 3 Alboreto disputa sia il Campionato Italiano, in cui arriverà secondo nel ’79, sia quello inglese, sia quello Europeo dove otterrà la soddisfazione della vittoria nel 1980.

A Million Steps

Il suo talento ormai fa notizia e questi risultati gli spalancano le porte per il campionato più prestigioso, quello di Formula 1. L’esordio arriva nel 1981 quando Ken Tyrell lo assume nella sua scuderia. Il salto di categoria permette finalmente ad Alboreto di gareggiare ai massimi livelli, e il milanese dimostra di poter competere coi campioni, eccome, pur non disponendo della macchina più performante.

Dall’81 all’83 alla guida della Tyrell riesce a ottenere due vittorie, insieme al Premio Varzi come pilota italiano più promettente, attirando le attenzioni di Enzo Ferrari, che ai tempi non si faceva mancare occasione per affermare la sua stima per Alboreto.

Anni dopo il fratello Ermanno ricorderà che l’affetto del mitico fondatore della Ferrari verso Michele era tale da considerarlo come un figlio. Nel 1984 proprio la Ferrari lo mette sotto contratto, facendogli raggiungere il traguardo più ambito per un pilota italiano. Il sito ufficiale della scuderia Ferrari riporta alcune parole di Enzo su Alboreto:

“È un giovane che guida tanto bene, con pochi errori. È veloce, di bello stile: doti che mi rammentano Wolfgang von Trips, al quale Alboreto somiglia anche nel tratto educato e serio. Ho sostenuto che è fra i sei migliori della Formula 1 e che con una macchina competitiva non sprecherà certamente l’occasione di diventare campione”.

Per cinque anni, fino al 1988, Alboreto corre per la casa di Maranello, con alti e bassi. Il punto più alto è indiscutibilmente la stagione 1985: Alboreto vince due gare e ottiene in totale otto podi nelle dieci corse in cui arriva a tagliare il traguardo.

A fine campionato si classifica secondo nella graduatoria piloti, dietro solo ad Alain Prost, mettendosi alle spalle nomi come Rosberg, Senna, Mansell, Piquet e Lauda. Significativo il fatto che il milanese sia costretto al ritiro per problemi alla sua vettura, in particolare alle turbine, in ben sei gare, tra cui le ultime quattro del campionato.

Enzo Ferrari per questo arriverà a dire che Alboreto è l’unico pilota a cui la Ferrari ha fatto perdere un Mondiale. Gian Carlo Minardi, anni dopo, commenterà così quella stagione tanto sfortunata:

“Michele non ebbe fortuna quando ne avrebbe avuto bisogno. Capitò alla Ferrari nel momento più difficile e l’anno dopo, nel 1985, perse un Mondiale senza sbagliare nulla”.

Nelle stagioni successive non riesce a ripetersi, in un crescendo di problemi col secondo pilota e col team che portano a un addio anche burrascoso. Alboreto continua a correre in Formula 1 fino al 1994, guidando però macchine decisamente meno competitive che lo relegano a un ruolo marginale. A oggi comunque resta l’ultimo pilota italiano ad aver vinto una gara guidando la Ferrari, e chissà ancora per quanto rimarrà tale.

Chiusa l’esperienza in Formula 1 Alboreto non abbandona i motori e continua a correre nei campionati a ruote coperte, tornando a un suo vecchio amore: le gare di endurance, già disputate dal 1980 al 1983 e lasciate appunto per l’approdo in Formula 1. Qui ottiene ancora dei risultati, tra cui uno di sicuro prestigio: la vittoria alla 24 Ore di Le Mans del 1997.

Il suo amore infinito per i motori e le gare purtroppo gli sarà anche fatale. Il 25 aprile 2001 al Lausitzring esce di pista durante i collaudi per l’Audi in vista della 24 Ore di Le Mans di quell’anno.

Ancora in pista, sempre in pista, fino all’ultimo momento. Riccardo Patrese, altro storico pilota italiano di quegli anni amico di Alboreto, commentò così il fatale incidente:

“Gliel’avrò detto cento volte: smettila, goditi la vita e quello che hai guadagnato. Aveva la possibilità di starsene tranquillo con la moglie e le figlie, ma lui aveva la passione delle corse. Ma va… Io parlo così solo perché alle corse non ci penso più da tanto tempo. Ma lui no, lui aveva la malattia del casco e della tuta, non ha mai avuto la forza di dire basta”.

A Rozzano, dove Alboreto aveva trascorso l’adolescenza, gli hanno dedicato un monumento e una piazza.

Foto in apertura di BORSOTTI/RCS/Contrasto e foto di VALENZA ETTORE/RCS/Contrasto
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