Quando si parla di Adriano Panatta come del miglior tennista italiano si specifica che lo è stato nell’era Open, ossia dal 1968 in poi. Questo accade per un motivo specifico: prima bisogna fare i conti con Nicola Pietrangeli, uno con un palmares che parla di 66 titoli vinti in singolare. Il miglior tennista italiano, senza specifiche. Del resto se ti dedicano il campo centrale del Foro italico un motivo serio deve pur esserci.
Pietrangeli sorprendentemente nasce a Tunisi nel 1933 e arriva in Italia solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il padre Giulio gioca a rugby e a tennis, e instrada il figlio verso la carriera sportiva.
Proprio in famiglia inizia a prendere confidenza con racchetta e palline, nell’inusuale contesto del campo di prigionia tunisino dove era confinato. Giunto a Roma alla conclusione del conflitto il giovane Nicola gioca a buoni livelli sia a calcio che a tennis.
“Fino ai 19 anni giocavo meglio a calcio che a tennis. Ero nel settore giovanile della Lazio. Quando la società decise di mandarmi in prestito in C lasciai il calcio: da bambino sognavo di fare l’esploratore, pensai che col tennis avrei viaggiato di più”.
Con la racchetta si forma al Tennis Club Parioli, dove lavora come custode un certo Ascenzio Panatta, che avrà un figlio abbastanza noto. Nel 1952, a 18 anni, si presenta per la prima volta agli Internazionali d’Italia. Il talento è straordinario, sia a livello tecnico che fisico.
Tennista supremamente elegante, curatore dello stile, giocava da fondocampo e aveva un polso capace di rendere indecifrabile ogni traiettoria. Le sue capacità sono tali da permettergli anche di superare una certa indolenza negli allenamenti, mai troppo amati dal campione.
“Quante volte mi sono sentito dire: ‘Certo, se ti fossi allenato seriamente avresti vinto di più!’. E io freddamente rispondevo: ‘Sì! Ma sapete quanto mi sarei divertito di meno’”.
Nel 1954 arriva l’esordio nei tornei dello Slam e il primo titolo in doppio ai campionati italiani assoluti. Nel 1955 invece arrivano i primi tornei vinti in singolare. Da qui in poi non si fermerà praticamente più, inanellando titoli fino al 1970.
Le sue imprese più celebrate sono legate all’Open di Francia. Nel 1959 si aggiudica il torneo per la prima volta, entrando da testa di serie numero tre. Primo italiano di sempre a riuscirci. Non contento si aggiudica anche il doppio sempre sulla terra rossa del Roland Garros. L’accoppiata resta ancora un unicum.
Riesce addirittura a ripetersi nel singolare l’anno successivo. Parliamo del 1960, anno in cui arriva anche alle semifinali di Wimbledon, venendo eliminato da Rod Laver. Il livello del suo tennis è stellare, tanto che in queste due stagioni viene indicato come numero tre del mondo.
Ken Rosewell, campione australiano suo contemporaneo con 8 Slam e 4 Davis in palmares, parlava così di Pietrangeli:
“Se ai nostri tempi ci avessero confinato in un’isola per sei mesi, senza campi da tennis, e poi ci avessero fatto disputare un torneo, ci avrebbe battuti tutti quanti”.
Molto ricco anche il capitolo Coppa Davis. Primatista assoluto di incontri disputati (164 tra singolo e doppio) e vittorie (120) col risvolto amaro di non essere riuscito però a vincere da giocatore.
Grazie a lui la squadra azzurra ha disputato due volte la finale, nel 1960 e nel 1961, finendo però sconfitta entrambe le volte dall’Australia. L’Italia è stata però la prima squadra a rompere l’egemonia di USA e Australia nelle finali, che proseguiva dal 1938.
Con la nazionale si rifarà nel 1976. Nell’edizione cilena della Coppa Davis vinta dall’Italia con Panatta in campo Pietrangeli è capitano non giocatore. Un leader importante soprattutto per la ferrea volontà di disputare la competizione contro le ipotesi di boicottaggio per protesta contro Pinochet. Un successo storico e anche un giusto premio per la sua carriera.
Da singolarista Pietrangeli si ritira nel 1974, quando a quarant’anni era ancora alla posizione 271 della classifica ATP. In doppio continuerà fino agli US Open del 1977, dove si presenta in coppia con il suo erede Panatta.
È il solo italiano insieme al giornalista Gianni Clerici a essere stato ammesso nella Hall of Fame del tennis.
Di lui si è parlato molto anche per la vita mondana, cui non si è mai sottratto. L’episodio più famoso è il fidanzamento con Licia Colò dopo la fine del suo primo matrimonio, malgrado una differenza d’età di ben trent’anni. Jaroslav_Drobný giocatore di tennis e hockey, lo ha ritratto così:
“In Pietrangeli ha sempre prevalso l’essere umano sulla macchina capace di giocare alla perfezione”.
Pietrangeli ha però sempre saputo coniugare i due aspetti della vita sportiva e mondana, non facendosi mancare nulla senza sacrificare i risultati. Certo, un filo di rammarico resta. Possiamo solo immaginare quanto altro avrebbe vinto concentrandosi solo sul tennis. Rino Tommasi chiude così la questione:
“Pur conoscendo Nicola Pietrangeli da sempre, non gli ho mai chiesto se per caso non rimpiangesse di non aver dato al tennis tutta la sua attenzione e le sue energie. Non gliel’ho chiesto perché conosco la sua risposta. Nicola non avrebbe potuto vivere in un modo diverso, non avrebbe mai rinunciato a una cena, a una festa, a una donna per poter giocare meglio una partita”.