La leggenda di Giuseppe Meazza

Author Daniele Mazzanti contributor
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Calendar 18/07/2016
Time passed Tempo di lettura 2 min

Il calcio venne inventato verso la metà del XIX secolo da un gruppo di gentiluomini inglesi che decisero di inventarsi un passatempo per passare le loro interminabili giornate all’aria aperta.

Il football venne quindi importato in Italia sul finire del secolo e, in quel periodo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, si andarono a creare i primi club di football (e di cricket) nell’Italia settentrionale.

Proprio all’inizio del XX secolo nasce a Milano quello che a detta di molti, se non di tutti, è stato il più grande giocatore di pallone della storia italiana, Giuseppe ‘Peppìn’ Meazza. Di lui raccontava Gianni Brera:

“Grandi giocatori esistevano al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario”.

Peppìn, come veniva chiamato in milanese, fu la prima stella del calcio tricolore; i suoi dribbling erano fantascientifici e lasciavano inebetiti e ipnotizzati i difensori dell’epoca, il suo talento era sconfinato anche se esplodeva a intermittenza, quando sentiva di sentirsi in debito nei confronti dei suoi tifosi.

La sua carriera iniziò prestissimo, a 17 anni esordì – segnando una doppietta – con la prima squadra dell’allora Ambrosiana Inter. La storia racconta che fautore di quell’esordio, colui che convinse l’allenatore magiaro dell’Ambrosiana Árpád Weisz a schierare il giovane – fin troppo giovane secondo i veterani della squadra che lo apostrofarono chiamandolo Balilla – fu Fulvio Bernardini, colui che dovette cedergli il posto di centravanti arretrando a centrocampo, tanto era il talento che il Peppìn mostrava sul campo.

Ma oltre ad un formidabile cannoniere sul campo, Meazza fu il primo Divo del calcio, o del folbèr come veniva gergalmente chiamato a Milano il football in quegli anni, e fu il primo a fare notizia fuori dal campo, essendo anche uno dei pionieri del binomio atleta/stella della pubblicità.

Sempre imbrillantinato, sempre vestito in smoking, sempre su una bella automobile nuova fiammante e sempre con una bella donna diversa affianco ogni sera, Meazza era, a quanto raccontano le cronache dell’epoca, un gran giocatore d’azzardo e un gran tombeur-de-femmes.

“Non c’è niente di più umiliante di vedersi parare un rigore da un portiere così cretino da non capire la finta”.

Meazza è nel Pantheon degli sportivi italiani di ogni tempo; la sua Milano, quando nel 1979 il Peppìn passò a miglior vita, gli dedicò lo stadio cittadino tanto grande e fulgida fu la sua stella.

Fu protagonista indiscusso dei primi due Campionati Mondiali di calcio vinti dall’Italia di Pozzo, di cui era stella e perno insostituibile. Celebre in tal senso la fotografia che lo ritrae calciando un rigore in semifinale contro il Brasile tenendosi con una mano i pantaloncini, visto che l’elastico si era irrimediabilmente rotto. Altro calcio, altri tempi. I tempi del Peppìn.

Foto in apertura di GELMI/RCS/Contrasto
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