In Giappone ha affrontato 36 terremoti in 38 mesi di cantiere, mentre a Berlino è stato alle prese con le bombe e si è trovato a costruire tutte le fondazioni sott’acqua. Vi stupireste se vi dicessi che stiamo parlando di un architetto?
Renzo Piano, architetto e senatore a vita genovese, ha fatto la storia dell’urbanistica italiana e internazionale, vivendo il suo lavoro come un’avventura quotidiana.
La rinascita del quartiere-ghetto di Milano, un ospedale per bambini in Uganda e il continuo impegno a valorizzare le periferie ― come dimostra il Lingotto di Torino, un quartiere a sud della città oggi centro polifunzionale ― sono solo alcune delle missioni artistiche che Renzo Piano ha portato avanti per tutta la sua carriera.
Dopo il diploma, Renzo Piano si iscrive alla facoltà di architettura e comincia a frequentare lo studio di Franco Albini, uno dei più importanti architetti italiani del secolo scorso.
Conseguita la laurea con il massimo dei voti, diventa allievo di Marco Zanussi, considerato tra i padri fondatori del design industriale italiano, e inizia ad esercitare la professione che lo renderà un’artista internazionale nel cantiere del padre.
Architettura visionaria, come dimostrato in particolare dalla sua icona forse più rappresentativa, ovvero il Centre George Pompidou, progetti rivoluzionari, promotore del movimento high-tech, notevole abilità nel muoversi nella zona di confine tra arte, architettura e ingegneria, Renzo Piano parla così della propria professione:
“Se vuoi essere un architetto hai bisogno di una visione, di una utopia che sia però realistica, di molta energia e di un buon team. Io credo che sia possibile costruire un mondo migliore. E penso che oggi ci si debba lasciare ispirare dai temi dell’energia e della sostenibilità da cui possono scaturire un nuovo linguaggio e una nuova direzione”.
È l’uomo, come ci insegna Piano, che deve essere messo al centro della filosofia progettuale in quanto l’obiettivo è migliorare la vita quotidiana delle persone e garantirne la sicurezza ovunque si trovino: a lavoro, in visita ad un museo, in una scuola o nei pressi di monumento. Tutto ciò senza rinunciare all’estetica.
Può una sedia essere dissonante rispetto ad una cucina? Chiaramente no. Quello di cui bisogna prendere coscienza è che Il design e l’architettura non possono essere dissociati da ciò che rende possibile la realizzazione di una struttura, dalle logiche che ci sono dietro e, più in generale, dalla società e dal contesto in cui si collocano.
“Detesto i grattacieli”.
Furono queste le singolari parole con cui l’architetto genovese che di grattacieli ne ha ideati tanti rispose all’imprenditore Irvine Sellar quando gli propose di realizzare lo Shard, a Londra.
Certo è che Piano, per presentare questa piramide ha attivato, come del resto per ogni altro edificio, una formidabile strategia di comunicazione che viaggia su un doppio binario: da un lato, trovare un nome efficace alla sua creazione e renderla umana, e dall’altro, progettare concretamente l’edificio facendo in modo che il concetto plasmi la forma.
Per esempio, nel caso dello Shard, per rendere accettabile l’edificio a un pubblico che apprezza sempre meno lo sviluppo intensivo delle città non ha pensato di diminuire l’altezza, ma di frammentarla come se fosse una scheggia ― shard, appunto.
È chiaro, così, che si possono adattare logiche di packaging e di promozione pubblicitaria ad un palazzo come ad un oggetto e di questo Renzo Piano è stato uno dei primi architetti a rendersene conto.
“L’architettura è quell’idea folle che si possa davvero cambiare il mondo ― spiega l’architetto ― Molti mi definiscono un archistar, nome con cui non mi identifico affatto. II mio lavoro si svolge all’interno di un gruppo di persone, che è quello in cui nessuno rivendica la paternità delle idee”.
Non solo design, non solo progettualità e materialismo: secondo Renzo Piano questo lavoro va inteso come un servizio pubblico, come un’arte che realizza oggetti per le persone e che ha come sfondo la città.
Un’arte che dialoga con altre, che ha un rapporto privilegiato con la musica come dimostra l’auditorium Parco della musica di Roma: mentre la musica cerca l’emozione nello spazio, infatti, l’architettura pensa a costruire i luoghi per ospitarla e amplificarla.
“Ieri sera ho girato da solo dentro il Palazzo della Ragione, volevo che tutto fosse perfetto. E solo in quel momento mi sono accorto che nella mia vita ho fatto praticamente solo lavori pubblici. Questo mi riempie di orgoglio perché un luogo pubblico è uno spazio di incontro, che sia una biblioteca, un’università, un auditorium, sono contento di avere costruito luoghi dove la gente sta insieme”.
Si pensi alla cosiddetta astronave di Renzo Piano, ovvero lo stadio di Bari e al più grande porto italiano per estensione, ovvero il porto di Genova.
Stile sempre sobrio ed elegante, camicia tutta abbottonata e pullover, giacca regular dai colori neutri, e i suoi immancabili occhiali da vista, Renzo Piano grazie all’estrema attenzione al dettaglio, la passione sconfinata per l’innovazione e la luce, grande protagonista di tutti i progetti, ha ricreato inconsapevolmente la figura mitica dell’homo faber.
“L’architettura deve accendere una luce particolare negli occhi della gente e nella mia arte, la mia italianità è tutta nel Mediterraneo che non è un mare ma una zuppa di culture”.
E ora parliamo di stile: mentre ogni artista mira a trovare e mettere in luce la propria cifra distintiva, il merito, e per alcuni il difetto, di Piano è quello di non avere tanto uno stile riconoscibile e costante, un marchio di fabbrica, ma piuttosto quella sensibilità e quell’intelligenza uniche nel realizzare un progetto in armonia con la sua funzione e con l’ambiente circostante.
Eppure esercizi di stili notevoli ne ha fatti diversi, come, la New York Times Tower e il coloratissimo complesso multifunzionale del Central St. Giles di Londra. Lui stesso ha spiegato come:
“Lo stile sia una trappola e come la coerenza e l’intelligenza, invece, non c’entrino nulla con la forma ma sono qualcosa di più forte, di più umanistico, quasi poetico”.
È anche per questa sua spiccata sensibilità che gli sono stati commissionati edifici o ampliamenti di opere di altri architetti famosi, una sorta di tributo a colossi come la Cappella di Le Corbusier a Ronchamp, il Carpenter Center ad Harvard e il Louis Kahn’s Kimbell Art Museum.
Qualche numero? Il 1981 è l’anno dell’inaugurazione dello studio, il Renzo Piano Building Workshop con sede a Genova, Parigi e New York. Nel 2013 Renzo Piano è diventato senatore a vita e ambasciatore dell’UNESCO mentre nel 2006 viene inserito dal prestigioso settimanale americano TIME nell’elenco delle cento personalità più influenti del mondo, il primo italiano a far parte di questa classifica.
Il titolo di ‘Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana’ gli fu conferito, invece, nel 1990 dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Ai titoli si aggiungono i premi: Compasso d’Oro nel 1981, il Premio Imperiale nel 1995 e il Pritzker Architecture Prize nel 1998. Piano compie oggi 80 anni e da 50 è al centro della scena internazionale.
“Quando progetti, nella testa hai un ologramma che continui ad arricchire con immagini e poi, quando sei sul posto, ti proietti una possibile scena. Poi disegni, ma qualcosa sfugge. E ti piacerebbe essere talmente bravo da riuscire a far combaciare le due cose, ma non avviene”.