Lo scorso 26 febbraio 2016, Ennio Morricone riceve la propria stella sulla Hollywood Walk of Fame per “i suoi contributi magnificenti e sfaccettati all’arte della musica da film”. Quella del geniale compositore romano è una dichiarazione d’intenti inequivocabile, che dice molto sulla personalità intransigente e sul carisma spietato di quello che può essere annoverato, senza paura, tra i più grandi autori di musica per film di tutti i tempi, se non il più grande in assoluto.
“Devo cercare di realizzare una colonna sonora che piaccia sia al regista, sia al pubblico, ma soprattutto deve piacere anche a me, perché altrimenti non sono contento. Io devo essere contento prima del regista. Non posso tradire la mia musica”.
Un altro aneddoto va nella stessa direzione e l’ha raccontato di recente Dario Argento al Cinema Ritrovato di Bologna, ricordando la loro collaborazione per il suo esordio ‘L’uccello dalle piume di cristallo’.
“Arrivai da Ennio con una pila di album di musica rock che mi piaceva sottobraccio, come si usava all’epoca. Mi accorsi però fin da subito che mi guardava strano, in tralice, lanciandomi delle occhiatacce risentite”.
Morricone, evidentemente, non voleva assolutamente che Argento gli proponesse dell’altra musica, che non fosse la sua, per trarre ispirazione da essa e trovare così insieme il giusto tono del commento musicale dell’opera. Lo riteneva un affronto alla sua integrità di creatore, un fatto sconveniente, una mancanza di rispetto.
Nel bene e nel male, doveva essere lui in prima persona la chiave di volta e il depositario ultimo della sua stessa creazione, a tal punto da non accettare assolutamente che un regista, oltretutto alle prime armi, si permettesse di provare a influenzarlo con atmosfere e riferimenti assortiti.
Tale chiusura ha contribuito senz’altro ad alimentare la statura e l’impatto di un compositore unico e sempre riconoscibile, che nutrendosi della propria inesauribile ispirazione ha messo a punto un tocco personalissimo, prossimo al brand internazionalmente riconoscibile.
“Muovendosi nel circuito chiuso del proprio ingombrante stile, diventando aggettivo (morriconiano) e assumendo una caratura che non teme ripetitività, ossessione e manierismo di chi si guarda allo specchio trovando nient’altro che il proprio riflesso, non importa se amplificato o deformato”.
La collaborazione con Sergio Leone per i suoi spaghetti western, il sodalizio più celebre e celebrato della lunghissima e gloriosa carriera di Morricone, si è trasformata anch’essa in un marchio grazie alla sua combinazione di rappresentatività e di elementi insoliti, specie per l’epoca, divenuti iconici in brevissimo tempo.
L’armonica a bocca, lo scacciapensieri e l’utilizzo, sempre orientato allo struggimento e alla malinconia, di archi e voce umana, hanno contribuito a forgiare un patrimonio audiovisivo di immagini e suoni che è impossibile scorporare gli uni dalle altre o considerare separatamente.
I film di Leone, con ogni probabilità, non sarebbero stati gli stessi senza le musiche di Morricone: ‘Per un pugno di dollari’, cui seguono ‘Per qualche dollaro in più’, ‘Il buono, il brutto e il cattivo’, ‘C’era una volta il West, Giù la testa’ fino all’ultimo ‘C’era una volta in America’, sono così allineati, dal punto di vista emotivo, iconico e passionale, con le musiche di Morricone che il compositore sembra aver rubato l’anima delle opere di Leone riversandola in note al loro interno e lasciando che tale germoglio prendesse vita di volta in volta.
L’eleganza di Morricone, compositore eclettico e avvezzo anche ai film di genere nonostante l’ossessività e la chiusura cui si accennava, si nutre di un barocchismo declinato in tutte le sue possibili sfaccettature, come insegnano gli score per Giuseppe Tornatore, altro suo grande amico, ma anche le soundtrack realizzate per svariati registi internazionali (John Carpenter, Brian De Palma, Mike Nichols, Oliver Stone).
“Nominato all’Oscar 6 volte, Morricone lo ha vinto alla carriera nel 2007 e nel 2016 per la colonna sonora di ‘The Hateful Eight’ di Quentin Tarantino, l’ultima prova della sua grandezza e di un’intelligenza estetico-formale ancora lucidissima e abbagliante”.
‘L’Ultima Diligenza di Red Rock’, in particolare, è un brano che, coerentemente col tono del film, rifugge il western per conficcarsi nelle ombre lunghe, nerissime e inquietanti, del road movie macabro e della seduta spiritica.
Una partitura bellissima e spettrale, che Morricone, all’inizio riluttante a comporre per Tarantino, ha confezionato a 87 anni con la libertà del più giovane degli sperimentatori.