A Million Steps
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Appena entrata sono stata avvolta da un’atmosfera un po’ swing, un po’ hipster, con musica jazz di sottofondo. Ho osservato le bottiglie di gin disposte sul tavolo di ogni produttore: bottiglie colorate, luccicanti o dai toni pastello, che in qualche modo rispecchiavano lo stile dei loro creatori. Ho camminato qualche minuto per prendere confidenza con l’ambiente e con i produttori presenti, tutti espertissimi, tutti con storie incredibili – piccolo spoiler – che avrei ascoltato per ore.
Qualcuno forse mi direbbe “è il gin, amica”.
Il mondo è un Ginepraio. Il gin, anche.
Mi avvicino allo stand di Ginepraio, che mi attira con le sue bottiglie chiare, pulite, essenziali. Ad accogliermi trovo Fabio, un ragazzo dagli occhi sorridenti che non vede l’ora di farmi scoprire il suo mondo. “Il gin è tornato ad essere un trend” mi spiega in modo pacato, come se mi stesse rendendo partecipe di un racconto “ma non tutti forse ricordano che 15, 20 anni fa, era percepito male. Negli anni ’90 il gin era considerato davvero un alcolico di terza serie, poi qualcosa è cambiato: qualcuno si è messo a rifarlo bene, e così è rifiorito tutto il settore”.
Una ricerca, quella di Ginepraio, che si riflette anche nella qualità degli ingredienti, tutti biologici – a partire dal grano – tutti Made in Italy. Per dirla con le parole (tecniche) di Fabio: “Usiamo un blend di ginepri perché facendo ricerca sul pH dei terreni abbiamo capito che si può parlare di terroir non solo per i vini, ma anche per il gin”. In questo caso la Toscana, tra il Chianti, la Maremma e la Valtiberina.
Gin su polvere da sparo.
“Descrivimi il vostro gin più originale” (ora sono gasata, non mi ferma più nessuno):“Sicuramente l’Amphora Naviy Strenght, il primo Naviy Strenght italiano, che riprende la storia della marina militare inglese. Era prassi, fino al 1970, pagare i marinai con una razione giornaliera di gin o di rum. Per non essere fregati ed essere certi che il distillato non fosse annacquato, i marinai prendevano la polvere da sparo e lo buttavano sopra; se aveva almeno 57 gradi prendeva fuoco, altrimenti facevano ammutinamento”. Io vorrei che questo momento non finisse mai. “L’Amphora” continua Fabio dopo questa storia assurda che mi ha ricordato Hook Capitano Uncino “è il primo gin al mondo ad essere invecchiato in anfora, parliamo di un’anfora di 370 litri. Lo teniamo lì per 6 mesi, lo tagliamo a 58 gradi, poi il distillato si ammorbidisce e prende mineralità”.
Terra, mare e gin.
Ancora inebriata dal racconto di Ginepraio, mi lascio incuriosire dal colore del mare che spunta da una vaschetta di vetro: sono le bottiglie di Insulae, un gin prodotto interamente in Sicilia grazie all’idea di Alfredo e di Marco, due giovani palermitani che hanno fondato l’etichetta proprio quest’anno. Parola d’ordine: Sicilia, in tutte le sue sfumature ma soprattutto in tutti i suoi profumi. “Le nostre botaniche sono agrumate e balsamiche proprio per rispecchiare i profumi della Sicilia, insieme ad una nota pepata e ad una floreale” – “Fammi un esempio” – “Limone di Siracusa, arancio amaro e dolce di Catania, mandarino tardivo di Ciaculli, pistacchio di Bronte, mandorla d’Avola, sesamo di Ispica: li trovi tutti nel nostro gin”.
Il segreto è l’acqua di mare.
“Se voleste brindare con un cocktail a base di gin quale scegliereste?” gli chiedo divertita (questo mondo mi piace sempre di più) – “Il gin tonic. Con una tonica amara è perfetto. Poi ovviamente ci sono tante varianti, una semplice è il Gin Sour, con il succo di limone fresco. Il sapore dipende molto dal tipo di gin, nel nostro caso il Sour esplode, diventa qualcosa di super profumato. Pensa che noi usiamo spesso l’acqua di mare, che grazie alla sua sapidità permette al palato di percepire le botaniche all’interno del gin, di farle esplodere”. Non vedo l’ora di provarlo.
Quando i pirati avevano paura dei genovesi.
Il mio viaggio tra i sapori del gin mi porta su un’altra terra bagnata dal mare, questa volta la Liguria, più precisamente Genova. Di Genova, infatti, sono i ragazzi di Ginuensis, il primo gin genovese, prodotto con la selezione di nove botaniche. Un inizio legato alla passione per la bevanda alcolica, i primi passi con il classico “porta a porta”, il sogno che diventa realtà, e viene imbottigliato. “E’ stato un omaggio ai rapporti che Genova aveva con i mercati esteri” mi spiega Francesco“Lo sai che la bandiera genovese è stata data in adozione agli inglesi?”. No, ma voglio sapere tutto. “La flotta genovese era la più rinomata, le navi inglesi erano invece le più attaccate, quindi la regina inglese decise di chiedere al doge di Genova di poter utilizzare la bandiera genovese per non farsi attaccare dai pirati”. Stasera potrei scrivere un libro; intanto, chiedo altri dettagli. “L’etichetta è stata prodotta interamente a mano da un calligrafo, e poi digitalizzata”. Non resta che assaggiare.
Esattamente quello che ho provato io, anche se per poche ore: far parte di un mondo dove i protagonisti sono la passione e la ricerca, tutto Made in Italy, dove occorrono coraggio per creare e cultura per apprezzare. Un mondo dove i sapori più originali nascono anche da un pizzico di follia. Perché, in fondo, il vero gin è anche questo.