Presentazioni come si deve con Elisa Motterle

Author Elisa Motterle contributor
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Calendar 15/11/2019
Time passed Tempo di lettura 3 min

Presentare – se stessi oppure gli altri – è uno dei rituali sociali più frequenti. Eppure è spesso fonte di qualche imbarazzo.

«Il mio segno zodiacale è pesci, ascendente maionese…»

Per un motivo o per l’altro, è facile sentirsi impacciati e diventare rigidi come degli stoccafissi o, al contrario, iniziare a stra-parlare, proprio come succede a Renato Pozzetto, in Questo e Quello.

Per gestire le presentazioni con disinvoltura – sia in ambito sociale che professionale – eccomi a raccontarvi qualche spunto dal galateo alle buone maniere di oggi.

«A metà di quel giro di presentazioni Fantozzi era già completamente ubriaco.»

Innanzitutto, c’è da capire chi va presentato a chi. Secondo il galateo, sarebbe buona norma introdurre la persona meno “importante” a quella di maggior prestigio, scandendo chiaramente il proprio nome: per questo motivo si presenta il giovane all’anziano, lo stagista al capoufficio… il modesto ragionier Ugo Fantozzi all’Illustre Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.

Un’ottima abitudine è quella di non limitarsi a presentare con nome e cognome, ma raccontare qualcosa delle persone che si stanno introducendo, per fornire spunti utili a proseguire la conversazione. Sul lavoro, si può raccontare brevemente di che cosa di occupa ciascuno, mentre in privato è sufficiente condividere qualche aneddoto per dare il via alla reciproca conoscenza. Proprio come fa Giorgio quando presenta Milton a Fulvia, nel recente film dei fratelli Taviani Una Questione Privata.

Nonostante le migliori intenzioni, e tutti gli accorgimenti possibili, ci sono però dei momenti in cui è inevitabile trovarsi in impasse. Succede, per esempio, quando ci sfugge il nome di una delle persone che dovremmo presentare. La parola d’ordine, in questi casi, è niente panico: è sufficiente un po’ di faccia di bronzo per affrontare a testa alta la situazione. Una frase come “Vi conoscete già?” può essere utile per trarsi d’impaccio.

Non ci credete? Guardate come se la cavano con disinvoltura Ugo Tognazzi e compagni nella mitica scena di Amici Miei in cui si presentano ai padroni di casa (ovviamente mai visti prima) della festa alla quale si sono imbucati.

La nuova conoscenza viene di solito suggellata da una stretta di mano. E qui si apre un capitolo a parte. Innanzitutto, dovrebbe essere la persona a cui la presentazione è stata fatta (e quindi, come vedevamo sopra, quella più “importante”) a tendere la mano per prima. Inoltre, il modo in cui stringiamo la mano dice molto a proposito di noi. La manina floscia, detta anche “a pesce morto”, comunica subito scarsa empatia e disinteresse. Al contrario, la stretta spaccaossa, come quella di Adriano Celentano, è un modo molto immediato per trasmettere una certa tracotanza.

Meglio dunque evitare strette di mano troppo vivaci, a meno che l’intento (come per il Molleggiato) sia proprio quello di incutere timore.

La stretta ideale è energica ma non aggressiva, ed è accompagnata da un contatto visivo che si protrae per qualche secondo (e che è utile anche per memorizzare i lineamenti di chi stiamo incontrando). Ancora, in tema di bon ton, è bene anche ricordare che per le presentazioni ci si alza sempre in piedi.

«Mi chiamo Silvio vengo da Milano… e sono venuto perché me lo ha ordinato lo psicanalista»

L’autopresentazione è una pratica che fino a ieri era del tutto sconsigliata ma oggi, soprattutto in ambito professionale, è assai diffusa ed apprezzata.

L’occasione classica è quella in cui più persone, che non si conoscono tra loro, si riuniscono per ragioni di studio o di lavoro. Per permettere di capire chi si ha di fronte è buona norma aprire le riunioni con un “giro di tavolo”, durante il quale ognuno spende due parole su se stesso… Magari, senza svelare altarini troppo personali, come invece fa sempre il nostro Renato Pozzetto nella scena cult di Noi Uomini Duri.

Pensiamo poi agli incontri di networking o in tutte quelle situazioni affollate in cui non conosciamo gli altri invitati e i “padroni di casa” sono troppo impegnati per presentare tutti i convitati. Non resta che autopresentarci, l’importante è procedere con garbo, senza essere aggressivi o spacconi. Un suggerimento che potrebbe tornare utile anche al Gorilla K2 interpretato da Albertone.

Può essere utile avere pronte due o tre frasi ad effetto per raccontare chi si è e che cosa si fa, magari senza prendere esempio da Diego Abatantuono, che con il suo Attila si presentava in maniera decisamente memorabile, ma forse non proprio elegante, voi cosa dite?

Foto d’apertura dal frame di un video di YouTube.
redits

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