Spazi da Salone, la zona Tortona racconta

Author Caterina De Lucia contributor
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Calendar 13/04/2018
Time passed Tempo di lettura 4 min

Accade che molti aspetti della nostra vita quotidiana vengano dati per scontati: quella macchia sul muro del bagno, la via che collega casa alla metro più vicina, la città dove viviamo o quella in cui abbiamo vissuto da piccoli.

Specialmente nel momento in cui affrontiamo la realtà di una nuova metropoli, ci immergiamo, senza porci domande, nella sua attualità, nei suoi colori moderni, nella sua vita mondana così com’è, godendo della lenta evoluzione delle cose ma senza effettivamente chiederci come fosse prima. Succede ovunque e a Milano succede in zona Tortona.

“Quando ero piccolo i miei genitori mi dicevano sempre di non andare in via Tortona. Era un po’ come il Bronx, prima c’erano solo case di ringhiera e malavita. Ora è diventata una zona più bella”, ci racconta Renato Brunelli della Latteria di via Stendhal 39.

Costosa, come spesso viene definita oggi, l’area compresa tra le vie Tortona, Savona e Solari è una delle più ambite di Milano, una sorta di Shoreditch meneghina: hip, vivace e affollata.

A Million Steps

È il luogo d’incontro di moda e design, architettura e lusso, insinuatisi in palazzi sulla cui previa funzione pochi s’interrogano. Nei decenni del boom economico qui regnavano le fabbriche e Tortona è sempre stata una zona simbolo del benessere della città.

Un mondo diverso brulicava tra quelle vie, un mondo che di pretenzioso ed avanguardista aveva ben poco, quello del proletariato industriale, degli operai, delle fabbriche zelanti e soffocanti con i loro muri di mattoni, le finestre a riquadri che oggi fanno tanto industrial chic affacciandosi su un mondo patinato, ma scandivano giornate grigie e avvilenti.

A Million Steps

Scendiamo in Porta Genova, costeggiamo la stazione delle Ferrovie Nord, ignorando che in principio da quei treni non scendevano pendolari, ma merci, e che la ragione della stazione prima che di trasporto fosse commerciale e industriale. E ignoriamo forse che fosse un capolinea, perché dal Ponte verde degli Artisti non se ne vedevano i binari.

“Sono qui da 38 anni. Ho aperto questa bottega storica con mio papà. Quando ero piccolo questa non era una bella zona: a quindici-sedici anni spesso non potevo passare da Via Bergognone o Tortona perché le bloccavano i delinquenti”, ci spiega un bottegaio di via Montevideo.

Ci siamo sempre fermati a fotografare i pannelli verdi e arrugginiti, ricoperti da adesivi e manifesti, disegni e scritte d’insulti o inni, senza mai domandarci chi l’avesse attraversato prima di noi quel ponte e quanti piedi lo avessero calpestato prima che venisse chiuso.

A quanto pare così tanti, da renderlo inagibile. Collegava il centro, ricco di storia, monumenti e benessere, agli appartamenti di operai e gente dedita al lavoro, gente che non immaginava, allora, che Tortona si sarebbe radicalmente trasformata.

Persone che ancora oggi vivono in quei palazzi ristrutturati, che hanno investito in ciò che i loro genitori avevano costruito grazie ad Ansaldo (oggi Base), Nestlé e altre corporazioni che impiegavano migliaia di uomini e donne.

“Quando si ha un museo sotto casa si cominciano a vedere le cose sotto un altro aspetto. Sono davvero felice di come si è sviluppata la zona”, ci dice Antonino Roffi dell’antica osteria Il Giardinetto in Via Tortona 17.

Rimangono pochi e piccoli punti di riferimento per loro: la bocciofila, alcune vecchie latterie, le facciate di alcuni palazzi, perché neppure le strade si vedono più tanto sono coperte da macchine e persone.

Come noi, anche chi ha da sempre abitato Tortona ormai assiste curioso allo spettacolo di culture e trasformazioni che gli si offre nell’occasione di eventi come le fashion week, o come i più attesi Fuorisalone e Design Week.

Moda e design, infatti, si sono appropriati degli spazi industriali, degli uffici, dei negozi, insediandoli ma senza abusarne, senza portarne via la storia, che ancora trasuda da quelle costruzioni che sembrano solo in apparenza così trasandate e un po’ decadenti.

L’esterno dei palazzi lascia ancora intendere funzioni ormai vetuste, nascondendo nuovi nuclei innovativi, nuovi spazi pieni di colore, pronti ad aprirsi a gente proveniente da ogni parte del mondo.

Ormai Tortona ha assunto un’aurea di mondanità che sicuramente ha investito anche i suoi inquilini più nostalgici, che non si dimostrano altro che contenti di dare il benvenuto a nuove ere e oggetti di cui, a essere sinceri, anche noi non comprendiamo esattamente la funzione, senza rinunciare però alla tradizione, e senza perdere la consapevolezza che se Tortona è quello che è, lo si deve di certo anche alla sua vita passata e a tutti coloro che ne hanno fatto parte.

A Million Steps

Dunque, ancora per quest’anno ci apprestiamo a vivere il Fuorisalone e lasciare che Tortona venga investita del suo nuovo ruolo di area destinata all’innovazione artistica e culturale.

Tuttavia, mentre passeggiamo tra uno showroom e l’altro, raccogliendo leaflet dopo leaflet, o quando sul Tram 14 vediamo un’altra modella sperduta che cerca il suo casting, forse dovremmo fermarci un momento a pensare a come siamo giunti a questo momento e a cosa vedevano altri occhi trenta o cinquant’anni prima.

Dovremmo fermarci a osservare i pochi anziani che ancora giocano in bocciofila e farci raccontare dei loro genitori e di cosa accadeva per le strade prima che Tortona divenisse la meta degli alternativi e dei creativi, di come fossero prima le feste e le tradizioni per le vie Solari e Savona, di dove s’incontrasse la gente per bere un bicchiere di birra, e di come le loro famiglie abbiano vissuto il cambiamento.

Viviamo Tortona ogni giorno, perché è bella ed è piena di storia, non solo quando ce lo dicono gli altri.

Foto di zona Tortona a Milano di Benedetta Minoliti
redits

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