Storie di un Drago, al volante e non solo

Author Enrico Rondinelli contributor
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Calendar 06/12/2019
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Il Drago di Cavàrzere” questo fu il soprannome affibbiatogli negli anni ’70 quando dominava la scena del motorsport mondiale al volante, inghiottendo tutti gli avversari, prima sulla rossa Fulvia poi sulla tricolore Lancia Stratos.

 

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E pensare che senza Sandro Munari la Stratos non sarebbe mai nata poiché nel 1971 la Lancia non disponeva di un motore sufficientemente prestazionale da installare su quell’auto da corsa. Tra i vari motori, l’ideale risultava essere il 6 cilindri della Ferrari Dino ma, nonostante le due aziende ormai gravitassero nell’orbita Fiat, quel “trapianto” non si riusciva a fare, per un recalcitrante Commendator Ferrari. L’accordo venne finalmente raggiunto usando il Drago come merce di scambio: fu Enzo Ferrari in persona a volerlo alla guida della sua Ferrari sulle strade della Targa Florio, in cambio della fornitura dei motori per la Stratos.

 

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Sandro Munari (Alessandro all’anagrafe) è conosciuto come il primo Campione del Mondo Rally, nel 1977, o come colui che ha vinto 4 edizioni del Rally di Montecarlo, o ancora colui che ha permesso alla Lancia di vincere 4 campionati del mondo rally e tanti altri titoli. Ma il Drago è tanto altro: negli anni ’70 era un pilota conosciuto da tutti, un “influencer” lo definiremmo oggi, un volto noto e apprezzato da tutti; senza esagerare, Valentino Rossi potrebbe essere la sua trasposizione contemporanea.

Il suo nome compariva poi sugli oli lubrificanti, sui volanti e sull’abbigliamento sportivo.

Era un volto noto a tal punto da essere scelto come testimonial pubblicitario per svariate aziende più o meno legate al mondo dei motori: dai pneumatici Pirelli e Goodyear agli orologi Omega, si passò anche per alcuni marchi famosi che apparivano su Carosello come le cinture del dottor Gibaud, le Coperte Somma e la Grappa Bocchino, spot per cui fu chiamato dal testimonial per eccellenza, Mike Bongiorno.

Il suo nome compariva poi sugli oli lubrificanti, sui volanti e sull’abbigliamento sportivo. Un volto rassicurante, familiare, conosciuto dal 95% dei clienti Goodyear, ad esempio: era colui che la sera dopo cena poteva “entrare” nei salotti delle case italiane per raccontare il mondo dei rally, unitamente alla qualità delle auto a marchio Lancia.

 

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Un fatto su tutti riesce a far comprendere la sua grandezza: la Lancia Fulvia Coupè, introdotta sul mercato nel 1965, dopo sette anni di onorata carriera si preparava al pensionamento; tuttavia fu la vittoria del Montecarlo 1972 a convincere i vertici del marchio torinese a mantenere in produzione la piccola due porte, presentando addirittura una nuova serie che rimase sul mercato fino al 1976 garantendo nuovamente lavoro agli operai cassa-integrati che la producevano.

È stata una semplice ma efficace strategia pubblicitaria a rimetterla in auge: se Munari riusciva ancora a portare al successo la cara vecchia Fulvia contro le potenti Porsche o le leggerissime Alpine-Renault, significava che doveva essere ancora un’ottima auto.

Il piccolo Sandro venne folgorato dalle competizioni vedendo il passaggio della 1000 Miglia a Rovigo.

Come per molti piloti italiani della sua generazione, il piccolo Sandro venne folgorato dalle competizioni vedendo il passaggio della 1000 Miglia a Rovigo, poco lontano dal suo paese – Cavarzere –, quando aveva una decina d’anni. Da spettatore a protagonista la strada era lunga, tutta in salita: per diventare piloti occorre un talento, spesso innato, che permette di entrare in simbiosi con l’automobile, “guidandola col sedere”, la parte del nostro corpo più vicina al baricentro dell’auto. Sandro Munari quel talento lo aveva, anche se nessuno inizialmente lo scoprì: dopo qualche danno fatto alla Fiat 1100 TV di suo padre sperimentando i controsterzi, il giovane Alessandro approdò ai go-kart dove iniziò a vincere le prime gare. Bene. Primo gradino raggiunto.

Flavia, un nome un destino.

Nel 1965 arriva il debutto come pilota. Pilota ufficiale della squadra Lancia e lo fa su una Flavia coupè: l’obiettivo venne raggiunto disputando il Rally dei 1000 Laghi in Finlandia. Sempre con una Flavia (Carrozzata Zagato, in questo caso) Munari ha conquistato la prima vittoria, con un primato probabilmente imbattuto: alla cronoscalata Pontedecimo-Giovi ha tagliato il traguardo in testacoda, sotto il diluvio, salvo poi andare a sbattere contro un muro e finire all’ospedale. Ma intanto aveva vinto! Flavia. Curiosamente, è anche il nome della ragazza conosciuta nel 1970 a Cesenatico, sposata di lì a poco ed al suo fianco da quasi 50 anni.

 

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Il 21 Maggio 1972 Sandro Munari e Arturo Merzario trionfarono alla Targa, su Ferrari 312P; dopo una simile soddisfazione, un paio di settimane più tardi il Drake presenziò alle nozze di Sandro e della moglie Flavia. È stato uno dei pochi, se non l’unico, matrimonio dei suoi piloti a cui Enzo Ferrari abbia preso parte. Ed è stato anche il definitivo matrimonio Lancia-Ferrari che ha dato alla luce il mito della “bête à gagner”.

Come poteva una supercar da 580 cavalli correre senza assistenza e senza test?

Nonostante una grande stima del Commendatore nei suoi confronti, a Munari non venne mai offerto di correre in Formula 1. Al contrario la proposta arrivò nel 1973 dalla Williams. Una quindicina d’anni dopo Munari potè assaggiare la Formula 1, ma solo per un test dimostrativo, quando ricopriva il ruolo di consulente alla Lamborghini, all’epoca di proprietà Chrysler e presente nella massima serie motorizzando la Larrousse.

Fu proprio Sandro Munari a far debuttare le automobili Lamborghini nelle competizioni. Il debutto delle corse non avvenne in pista, bensì al Raid of Greece. Non pago, Munari fece correre nei rally anche la Diablo VT, precisamente alla Targa Tasmania del 1994; come poteva una supercar da 580 cavalli correre nelle stradine a schiena d’asino, mai viste prima, dall’altra parte del mondo, senza assistenza e senza test? Nessuno conosce il segreto, eppure il Drago di Cavarzere riuscì anche in quest’impresa: terzo assoluto dietro ai due campioni rally australiani. Magico Drago.

Grazie a Wikipedia per la foto in copertina.
redits

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