Èun legame inscindibile quello tra Napoli e Totò – nato Antonio Clemente il 15 febbraio 1898, divenuto De Curtis con il riconoscimento da parte del padre, e in seguito detentore di una sfilza di titoli nobiliari. La figura paterna e il desiderio di nobiltà sono due temi portanti nella vita di Totò, ma non voglio divagare: qua ci occuperemo di Totò e di Napoli. Della sua Napoli.
Totò è nato a Napoli ed è ancora vivo a Napoli. Lo è nei bar, nei riferimenti popolari, nei dialoghi della gente. Nella sua maschera sospesa tra allegria e tristezza, tra miseria e nobiltà si riconoscono tutti. È uno di quei miti popolari che anziché cristallizzarsi sono diventati – da morti – più vivi che mai.
«Signori si nasce ed io, modestamente, lo nacqui»
“L’immagine del Principe della risata si incontra dentro e fuori dai locali così come nelle botteghe dei presepisti. – racconta Luigi Mingrone, Presidente dell’associazione no profit NAPOLI inVITA. Persone Idee e Opere per lo sviluppo sociale della Città – Ma Totò è vivo anche nei dialoghi di noi napoletani. I più affezionati ricordano a memoria intere scene dei suoi film, e ricorrono spesso i modi di dire da lui inventati: “senza nulla a pretendere”, “eziandio”, “ohibò”. Soprattutto, Totò è vivo a Napoli perché ancora qui si pratica l’arte dell’ironia intelligente e dello sberleffo verso il potente di turno. Perché mi piace pensare che a Napoli (e dintorni) vivono ancora gli “uomini”, non i “caporali”, parte di quell’umanità – spesso sconfitta però mai vinta – che il Principe ha interpretato.”
Eppure, Totò visse a Napoli solo i primi vent’anni della sua vita, prima di trasferirsi a Roma. Ma con la città partenopea e in particolare col suo Rione Sanità – quella zona compresa tra piazza Cavour e Capodimonte – ha mantenuto sempre un rapporto stretto, tornando frequentemente a fare visita, a passeggiare e a lasciare qualcosa alle famiglie più povere, abitanti dei tipici “bassi”.
«’Sta Napule, riggina d’ ‘e ssirene,
ca cchiù ‘a guardammo e cchiù ‘a vulimmo bbene.
‘A tengo sana sana dinto ‘e vvene,
‘a porto dinto ‘o core, ch’aggia fa’?
Napule, si’ comme ‘o zzucchero,
terra d’ammore
che rarità!»
Zuoccole, tammorre e femmene
Nel Rione Sanità si è tenuto anche il terzo funerale di Totò, nel maggio del 1967, un mese dopo i due funerali ufficiali: ad accogliere la bara vuota dell’artista ci fu l’abbraccio collettivo degli abitanti del Rione.
«Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire.»
Iniziamo a scoprire il Rione da un punto simbolico, da quella piazza che è stata recentemente intitolata all’artista prendendo il nome di Largo Totò. Qua si trova un emblema tangibile del vuoto lasciato dal Principe della Risata: un grosso monolite realizzato da Giuseppe Desiato con la sagoma – cava e inconfondibile – di Totò.
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Proseguiamo, lasciamoci alle spalle Piazza Sanità e risaliamo il quartiere fino alla splendida chiesa di San Severo Fuori le Mura, da cui si accede anche alle Catacombe, per poi arrivare alla salita Cinesi, tappa imperdibile per i fan di Totò: qua infatti sono state girate scene di due tra i suoi film più rappresentativi, “L’oro di Napoli” e “Ieri, oggi, domani”.
«Il luogo più iconico dal punto di vista cinematografico è proprio il balcone al primo piano del palazzo di via Guido Amedeo Vitale dove Totò interpretò la celebre scena dell’episodio “Il guappo” ne “L’oro di Napoli”» mi spiega Mingrone.
Ma il cuore di ogni pellegrinaggio sulla scia del Principe De Curtis è il civico 9 di via santa Maria Antesaecula, dove si trova quella che è nota come la casa natale di Totò (anche se in realtà Totò è nato al civico 107 e si è trasferito al 109 appena neonato con la madre Anna Clemente e la nonna).
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Il turista che voglia visitare la casa di Totò deve tuttavia ridimensionare le aspettative, perché purtroppo l’edificio, acquistato a un’asta giudiziaria diversi anni fa da un attore napoletano, è ancora oggi in attesa di fondi per una degna ristrutturazione. Ciò che non si può vedere si può però immaginare: così pensiamo a un giovanissimo Totò che dal balcone di quella casa inizia a forgiare la sua arte, osservando e imitando i passanti più bizzarri, tanto da venire soprannominato “’o spione”.
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Anche il Museo di Totò per ora si può solo immaginarlo, all’interno del palazzo dello Spagnuolo in via Vergini che da tempo ne è stato designato come sede ma che ancora oggi – a causa delle consuete italiche lungaggini burocratiche – non è ancora stato allestito. Vale la pena almeno goderci il Palazzo dall’esterno, nel suo incanto. Inoltre, lì vicino si trova il luogo dove Totò fu battezzato, la chiesa barocca di santa Maria dei Vergini.
A questo punto i più determinati, attraversando Via Foria e camminando verso sud, potranno raggiungere via Carbonara, un altro luogo iconico nella vita di Totò: qua, mentre studiava al collegio Cimino, ha avuto l’incidente che ne mutò per sempre i connotati del volto, rendendo la sua mimica inconfondibile. Questo episodio è ricordato da una targa esposta sullo storico edificio che oggi ospita l’Hotel Palazzo Caracciolo.
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E adesso pensiamo alla fame, un altro tema ricorrente nella vita e nella cinematografia di Totò. Due sono le tappe gastronomiche da non perdere nel suo quartiere: il ristorante-pizzeria “La Taverna di Totò” (Via Sanità 33), che custodisce un suo busto in legno donato dall’intagliatore Luigi Buommino, e la pasticceria “Poppella” (via Arena della Sanità 24), dove si può assaggiare la celebre bombetta di Totò – goduriosa bontà ispirata all’iconico cappello del Principe De Curtis.
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Per prenotare una visita ai luoghi di Totò nel Rione Sanità con l’associazione NAPOLI inVITA si può scrivere una mail a: napolinvita@libero.it, con un preavviso di almeno due settimane.