Tra le righe dei cantautori: Lucio Dalla

Author Stefania Clerici contributor
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Calendar 04/03/2020
Time passed Tempo di lettura 6 min

Otto gli anni dalla sua scomparsa, e 77 esatti quelli dalla sua nascita (4 marzo 1943), Lucio Dalla è stato uno dei cantautori italiani più amati del nostro secolo, lasciando in eredità un grande patrimonio artistico collettivo: 50 anni di carriera, 23 album registrati in studio e centinaia di canzoni scritte per sé e per altri interpreti.

Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare.
Parlava un’altra lingua però sapeva amare.

4/3/1943 è la canzone che per prima rese Lucio Dalla il cantante con il successo che conosciamo. Presentata al Festival di Sanremo nel 1971, non è la canzone di esordio del cantautore bolognese, che già si esibiva dagli anni ’60, incontrando però molte difficoltà per il suo essere unconventional, sia per una musica troppo avanti rispetto ai tempi. Rimane leggendaria la sua esibizione al Cantagiro 64, in cui in ogni tappa, Dalla veniva accolto dal costante lancio di ortaggi.

Nel 1971, però, si ripresenta a Sanremo, dove si era già esibito nel 1966 con Pafff… bum! e nel 1967 con Bisogna saper perdere. La canzone che porta alla sua terza apparizione al Festival, da lui musicata su testo di Paola Pallottino, gli vale il primo podio alla manifestazione canora più importante d’Italia, con un terzo posto dietro a Il cuore è uno zingaro di Nicola Di Bari e Che sarà dei Ricchi e Poveri. Un grande successo in classifica, nonostante la canzone fosse stata censurata con il cambiamento del titolo (in origine era Gesù bambino) e alla modifica dei versi finali: da “E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino”, che fu modificata in “E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino”.

Già l’anno seguente, Dalla fu richiamato a Sanremo dove si presenta con Piazza Grande. Ispirata ad un clochard bolognese realmente esistito e scritta da lui insieme a Ron, con musica di Gianfranco Baldazzi e la collaborazione di Sergio Bardotti per il testo, si classificò al Festival solo ottava, ma nonostante il fatto che la canzone non venne inserita in nessun album ufficiale, è diventata comunque uno dei grandi classici del suo repertorio, pur segnando un netto cut con quello che sarà la produzione degli anni a seguire.

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Come è profondo il mare (1977) è l’album della svolta di Lucio Dalla: aperto dalla canzone omonima, il brano ad entrare nel mito era però l’originalissima Disperato erotico stomp, un brano autobiografico che si faceva platealmente beffe della censura e del buon gusto a cui ancora venivano associati i cantanti italiani. Un viaggio bizzarro nella notte bolognese, la canzone non mostrava esitazioni nel parlare di prostitute (perfino “di sinistra”), masturbazione, organi genitali femminili e “anormalità“, con la frase celeberrima in cui Dalla canta:

Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale

La fine degli anni ’70 è stata per Dalla un periodo in crescendo sia di vendite che di successo critico. Nel 1979 il suo nuovo disco, Lucio Dalla, fece il botto: rimasto in classifica un anno e mezzo e vendendo più di un milione di copie, trainato da brani come Stella di mare, Anna e Marco e Cosa sarà, a chiudere il disco c’era L’anno che verrà: una canzone anomala per la tradizione nostrana che univa gusto profetico, satira sociale e anche un certo amore per il nonsense.

Il disco ebbe un enorme successo anche perché decisamente adatto ai tempi: dal decennio della lotta e della contestazione che si stava chiudendo, il futuro non sembrava così roseo, tra fine delle illusioni, violenza e un diffuso pessimismo. Le speranze di Dalla però per il nuovo anno sono su tutti i fronti, dalla vita pubblica a quella privata.

E si farà l’amore ognuno come gli va,
anche i preti potranno sposarsi ma soltanto a una certa età

Un verso che potrebbe essere la summa di tutti, a sottolinearne la richiesta di poter vivere la propria vita – sessualmente e non solo – in maniera libera e senza dover rendere conto a nessuno.

I primi anni ’80 furono per Dalla un periodo discograficamente meno intenso, ma ecco arrivare nel 1986 DallAmeriCaruso, un album registrato dal vivo durante una tournée negli Stati Uniti e che presentava però anche un inedito, Caruso. Il brano, scritto per omaggiare il noto tenore Enrico Caruso, era stato composto da Dalla durante una permanenza in un hotel di Sorrento, il medesimo in cui aveva soggiornato lo stesso Caruso nei primi anni ’20, pochi mesi prima di morire. Proprio il racconto dei proprietari dell’albergo, che gli avevano spiegato che il tenore lì dava lezioni di canto ad una giovane ragazza, ispirarono a Dalla il testo del brano. Brano che decise di presentare proprio durante il tour americano, ricollegandosi ai successi del cantante lirico italiano in Nord America.

Te voglio bene assaje,
ma tanto tanto bene sai

La canzone diventa disco di platino e ottiene la Targa Tenco come miglior canzone dell’anno. Avendo avuto un enorme successo in tutto il mondo, viene incisa da molti artisti, tra cui Michael Bolton, Lara Fabian, Mina, Julio Iglesias, Pino Daniele e soprattutto Luciano Pavarotti, che si avvicina alla musica pop grazie a Caruso, vantando decine di versioni tradotte in altrettante lingue e arrivando a vendere quasi 40 milioni di copie. Eppure, l’emiliano Dalla, non se la sentiva di interpretare una canzone in napoletano, tanto da chiedere al collega Peppino di Capri di ascoltarla per un parere. La risposta fu unica: “Vai tranquillo, sarà un successo mondiale”. Caruso è infatti ad oggi dietro all’altrettanto celebre Nel blu dipinto di blu, la canzone italiana più famosa nel mondo.

Amore mio non devi stare in pena
Questa vita è una catena
Qualche volta fa un po’ male

Scritta da Ron nel 1990 e pubblicata all’interno dell’album Cambio, Attenti al lupo rappresenta il pezzo del rilancio di Lucio Dalla all’insegna del pop e dell’autoironia. Un ritmo incalzante, assonanze e immagini senza tempo. Una canzone che è anche una filastrocca, ma che dietro l’apparente leggerezza cela un significato profondo che ha a che fare con la crescita, la morte e l’angoscia della separazione. La vita è sì una catena, un ciclo in cui il più forte mangia il più debole, ma, nonostante il lupo si possa nascondere dietro l’angolo, emerge l’accettazione della vita e del suo cerchio inesorabile. È proprio attraversando il bosco della vita, simbolo dell’esistenza, che si giunge alla spensieratezza dei protagonisti della canzone, che fanno l’amore “in un mare di cicale”.

Anno dopo anno e una sperimentazione dopo l’altra, arriva anche Canzone, singolo tratto dall’album Canzoni del 1996. Una virata tutta pop con un pezzo, scritto assieme al collega Samuele Bersani, che segna un ritorno “commerciale” del cantautore bolognese e lo rilancia poi tre anni dopo con Ciao.

Tra lirica, progetti speciali e collaborazioni, un ritorno a Sanremo nel 2012, che sarà l’ultima apparizione televisiva dell’artista, ci piace ricordare Dalla con uno dei suoi versi, da Cara:

Lontano si ferma un treno
ma che bella mattina, il cielo è sereno
Buonanotte, anima mia
adesso spengo la luce e così sia

Un infarto, infatti, ci priverà di un grande cantautore, poeta e musicista in quel non lontano 1 marzo 2012.

Grazie Lucio.

redits

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