Ci sono alcuni personaggi che grazie al loro talento, alle loro opere o alle loro canzoni sono diventati parte integrante del patrimonio culturale del nostro Paese. Un nome? Domenico Modugno che, con i suoi brani, ha lasciato un’impronta indelebile nella nostra cultura e ha raggiunto un’eco tale da avere un enorme successo anche all’estero dove l’Italia è riconosciuta con alcune parole chiave come: spaghetti, pizza e bella musica.
“Nei Paesi stranieri tutti identificano l’Italia nei versi di ‘Nel blu dipinto di blu’ che è la canzone italiana più famosa al mondo. C’è chi dice che, dopo l’inno di Mameli, sia proprio questa la canzone italiana per eccellenza”.
Cantautore, attore, autore, poeta, regista e cantante carismatico dalla grande forza interpretativa: è così che possiamo condensare la grande personalità di “mister Volare”, che quest’anno avrebbe compiuto novantun’anni.
Capelli scuri e curati, un accenno di baffi, sguardo passionale, abito elegante, braccia aperte in segno di apertura, quasi a mò di abbraccio, quando canta, Modugno viene sempre ricordato per la sua raffinatezza mista al temperamento caldo da uomo mediterraneo.
Polignano a mare, la sua città natale, ha deciso di omaggiarlo con una sua statua suggestiva, in pieno centro, che, insieme alla sua figura intera, in posa da canto, sembra ritrarre la sua anima.
Da dieci anni visitata da tanti fan e appassionati, la statua dedicata a “Mimmo” (lo chiamavano così) guarda il paese e non il mare perché sta a significare la riconciliazione dell’artista con la sua cittadinanza.
Domenico Modugno, con la sua voce, ha scaldato i nostri cuori (si pensi alle note di Meraviglioso del 1968), con la sua straordinaria capacità di interpretazione ci ha fatto emozionare (ricordiamo Dio, come ti amo del 1966) e con il suo entusiasmo ci ha reso fieri di essere italiani (come con Nel blu dipinto di blu del 1958).
Chi era Modugno? Un uomo solare, semplice ma molto forte che, nonostante l’enorme successo, non ha mai rinnegato le sue radici popolari. Un artista, ancora oggi un punto di riferimento per tutti quelli che si avvicinano al mondo della musica tanto che alcuni parlano di un prima e un dopo Modugno, per indicare le fasi della musica popolare italiana.
Per tradurre in numeri il successo di Modugno vi basti sapere che ha scritto circa duecentotrenta canzoni, interpretato quarantacinque film e recitato in tredici spettacoli teatrali.
E ancora, quattro vittorie al Festival di Sanremo, il primo con ‘Nel blu dipinto di blu’ ― in cui si presenta come il primo cantautore in gara nella storia della manifestazione ― che ha venduto ottocentomila copie in Italia e oltre ventidue milioni nel mondo.
E la critica era sempre più entusiasta: “Modugno ha dimostrato che una bella canzone, cantata bene, può essere apprezzata dal pubblico, e che due cantanti seri e preparati come lui e il giovane Johnny Dorelli hanno la possibilità di imporsi sui divi costruiti e artificiosi, dai milioni in banca e dalle lacrime nel fazzoletto”.
Una canzone non è solo una canzone, dietro c’è tanto altro: per capire l’impatto culturale che ha avuto l’artista pugliese, basti pensare che Salvatore Quasimodo lo autorizzò a utilizzare due poesie come testo per ‘Ora che sale il giorno’ e ‘Morte chitarre’, mentre Pier Paolo Pasolini (abbiamo detto di lui) scrisse per lui il testo di ‘Che cosa sono le nuvole’ e chiamò Modugno a cantare il brano, scritto da Ennio Morricone (ne abbiamo parlato qui), per i titoli di testa di ‘Uccellacci e uccellini’.
Polignano segna la nascita di Modugno (nella foto qui sopra è interpretato da Giuseppe Fiorello in ‘Volare – La grande storia di Domenico Modugno’) ma anche la fine della sua fortunata carriera.
Il 26 agosto 1993 nella città pugliese si è tenuto il suo ultimo, applauditissimo concerto, dopo nove anni di calvario in seguito a un ictus che lo ha colpito nel 1984 negli studi Mediaset di Cologno Monzese.
La stima e l’amore per l’artista derivano dal pubblico, da poeti, da colleghi, da artisti ma anche dai suoi figli, Marco, Massimo e Marcello e da sua moglie, l’ex-attrice e cantante italiana, Franca Gandolfi, che definisce Domenico “un gran birbone” e racconta come è nata la sua canzone-capolavoro:
“Quella sera scoppiò un gran temporale su Roma. Mimmo suonava il piano nella nostra casa quando all’improvviso la finestra si spalancò e tutti i fogli volteggiarono in aria. Rapito, Mimmo prese a cantare: ‘Volare, oh oh’ ed esultò: ‘Mancava questo!’”